La guida ai caucus in Iowa
Stanno per prendere il via le primarie del Partito Repubblicano, che serviranno per scegliere il candidato del GOP alla Casa Bianca
Le primarie del Partito Repubblicano stanno per iniziare
Il percorso delle primarie in vista delle elezioni presidenziali è pronto a prendere il via: nella giornata di domani si terranno infatti i caucus repubblicani in Iowa, primo appuntamento che porterà il GOP a scegliere la figura che sarà chiamata a correre per la Casa Bianca. Questo stato, da diversi decenni, ha una rilevanza importante nell'intero processo elettorale: da più di cinquant'anni, infatti, è il primo nel calendario delle elezioni, fattore che porta i diversi esponenti politici a dedicare ad esso grandi attenzioni e presenza sul territorio.
Come sottolinea NPR, ad esempio, in questa tornata circa 100 milioni di dollari (su 258 totali) investiti in spot televisivi sono stati rivolti verso le città dell'Iowa. Ma da cosa deriva questa importanza? La decisione di iniziare da questo territorio risale al 1968, quando il Partito Democratico, per rendere più inclusivo e partecipativo il processo elettorale, decise di suddividere le votazioni per la scelta del candidato presidente nei vari stati, dando vita ad un sistema bene o male simile a quello attuale. Dal momento che, ai tempi, l'Iowa aveva uno dei processi più complessi e farraginosi, si decise di inserirla come prima nell'elenco, in maniera tale da garantire i tempi adeguati per le pratiche di voto.
Come facilmente prevedibile, questo ha fatto crescere l'importanza dello stato: spesso, infatti, i vari candidati girano il territorio in lungo e in largo nelle settimane precedenti al voto con l'obiettivo di ottenere il risultato migliore possibile. Non sempre c'è una relazione diretta fra la vittoria in Iowa e quella nelle primarie: in casa Repubblicana, ad esempio, solo quattro volte su nove chi ha vinto qui ha poi ottenuto la nomination, mentre nei Democratici il rapporto è indubbiamente migliore (in tre occasioni su dieci chi ha conquistato il successo nello stato non ha poi conquistato la candidatura). Nel 2020, ad esempio, Joe Biden ottenne un pessimo risultato arrivando in quarta posizione con appena il 6%, ma questo non gli ha poi impedito di diventare presidente.
Tali dati, però, non devono necessariamente sminuire l'importanza di un ottimo risultato, in virtù dell'enorme rilevanza mediatica che assumono i caucus nello stato. Fare bene è importante soprattutto per gli outsider, ma ciascun dato va comunque preso con le pinze: l'Iowa è infatti uno stato etnicamente omogeneo, prevalentemente bianco e conservatore, che non riflette affatto l'orientamento politico degli altri territori decisivi degli USA. Proprio per questo, nel corso degli ultimi anni, sono cresciute le pressioni per rivedere il calendario elettorale, partendo da quelli che sono definiti battleground state.
Queste pressioni sono state forti soprattutto nel Partito Democratico, anche in virtù del caos avvenuto nei caucus di tre anni fa, quando servirono più di sei giorni per ottenere la pubblicazione dei risultati. Il Democratic National Committee ha così deciso di apportare modifiche al calendario, ma da tale scelta è iniziato un lungo braccio di ferro fra gli organi locali e lo stesso DNC, che lo scorso 6 ottobre ha portato ad una decisione particolare: i caucus tenuti in presenza si svolgeranno lo stesso giorno del Partito Repubblicano, ma il voto proseguirà tramite posta fino all’inizio del mese di marzo, data in cui saranno rilasciati i risultati definitivi.
Il GOP terrà invece le sue votazioni secondo le modalità tradizionali, ovvero tramite i caucus. A differenza delle primarie, il cui meccanismo è molto più simile a quello delle elezioni presidenziali (si può esprimere la propria preferenza tramite posta oppure recandosi ai seggi durante tutta la giornata), questa modalità di scelta ha un funzionamento differente. Nei caucus, che sono essenzialmente riunioni di partito, il voto è aperto solo agli elettori registrati nelle liste dei Repubblicani, che saranno chiamati a riunirsi nelle 1.657 sedi designate (ad un orario specifico, cosa che rende più complessa la partecipazione), in cui i rappresentanti di ciascuna campagna fanno una breve presentazione per il loro candidato, prima delle votazioni dei partecipanti. Le elezioni determinano quanti rappresentanti ciascun politico in corsa avrà nella convention di agosto 2024 a Milwaukee, dove sarà ufficializzato il candidato presidente. In dettaglio, l'Iowa avrà quaranta delegati (equivalenti all'1,6% del totale), assegnati proporzionalmente senza alcuna soglia di sbarramento in base ai risultati ottenuti.
Al momento, i Repubblicani registrati nello stato sono 752.000, che rappresentano circa il 34% dei 2.2 milioni di elettori. Come riportato da Pbs, l’affluenza maggiore si è avuta nel 2016, quando nei caucus si recarono 187.000 persone (bene o male il 29% dei possibili votanti). In ogni caso, per quanto riguarda l’affluenza, va considerato come l’Iowa stia vivendo una bufera di neve particolarmente pesante, cosa che rende più complesso raggiungere il luogo del voto. Ma cosa rilevano i sondaggi? Attualmente la media di FiveThirtyEight dice che Donald Trump conduce con il 51.3% delle preferenze, davanti al 17.3% di Nikki Haley (che da poco è passata in seconda posizione) e il 16.1 di Ron De Santis. Al 6.6%, come ultimo candidato ancora in corsa, vi è Vivek Ramaswamy.
Il favorito, dunque, è forse l’unico candidato che non ha bisogno di presentazioni: Donald Trump al momento conduce con ampio margine ed ha ottime chance di ottenere una nuova candidatura, nonostante i guai giudiziari dei quali abbiamo parlato in un recente numero della nostra newsletter. La principale sfidante è Nikki Haley: si tratta di una candidata che ha dalla sua un curriculum importante ed un background di esperienze elettorali notevole, non avendo mai perso una sfida in carriera. Il suo ingresso nella politica attiva risale al 2004, anno in cui un po' a sorpresa vinse un seggio alla Camera dei Rappresentanti del South Carolina.
Nel 2010, invece, Haley riuscì a vincere in maniera inattesa un'elezione che la portò a diventare la prima donna ad essere eletta governatrice del suo stato, anche grazie al sostegno dei conservatori del Tea Party. Nel corso degli anni del suo mandato, si è trovata a gestire la strage di Charleston, in cui un suprematista bianco uccise dieci persone di colore, evento tragico che convinse la legislatura statale a votare la rimozione della bandiera confederata dai luoghi pubblici. A riguardo, Haley affermò come questa fosse “una parte integrale del passato, ma non rappresenta il futuro del nostro grandioso stato”. La sua campagna elettorale è stata incentrata sulla necessità di restaurare l’orgoglio americano, di rafforzare le politiche anti migratorie e di avere un atteggiamento più prudente dal punto di vista della spesa. Sul tema dell’aborto si è detta contraria a un divieto generalizato a livello nazionale, sostenendo piuttosto come la questione dovesse essere gestita dai singoli stati.
L’altro grande sfidante è Ron DeSantis: poco più di un anno fa, sembrava poter impensierire seriamente la leadership di Donald Trump, ma una campagna elettorale disastrosa l’ha fatto scivolare indietro nelle gerarchie. Nel corso di questi mesi, il governatore della Florida ha provato a risollevarsi, puntando spesso sulla base conservatrice, ma anche in virtù della concorrenza di Donald Trump (con cui condivide l’elettorato di destra) non è riuscito a risollevare la sua posizione. In corsa c’è anche Vivek Ramaswamy, che ha invece un profilo maggiormente libertario, isolazionista, scettico nei confronti delle autorità governative ed, in generale, più vicino all’ala destra del GOP.
Trovato un accordo sul budget
Il recente accordo sul budget tra il leader della maggioranza democratica al Senato, Chuck Schumer, e lo Speaker repubblicano della Camera, Mike Johnson, ha generato significative discussioni e controversie, soprattutto tra i repubblicani. L’intesa, del valore di 1,7 mila miliardi di dollari, conferma la spesa di 886 miliardi per la Difesa già approvata a dicembre e prevede circa 773 miliardi per gli altri Dipartimenti del governo federale.
Questo accordo è stato raggiunto per evitare un possibile shutdown del governo, che avrebbe potuto verificarsi il 19 gennaio. Tuttavia, l’intesa ha suscitato malcontento tra diversi esponenti conservatori della Camera, in quanto il livello di spesa è decisamente superiore a quanto da loro richiesto. Inoltre molti di loro non intendono assegnare alcuna vittoria al presidente Biden in vista della rielezione e quindi si oppongono per principio a possibili mediazioni.
Johnson ha fatto notare, in risposta, che è stato raggiunto un compromesso bipartisan, con alcune vittorie politiche per il GOP, come il taglio di circa 16 miliardi di dollari a programmi legati alla pandemia e all’Internal Revenue Service (l'agenzia federale che si occupa della riscossione dei tributi). Le parole dello Speaker non sembrano al momento aver convinto i critici e la situazione rimane complessa. Resta ancora aperta la possibilità di uno shutdown parziale del governo nel caso in cui l’accordo non dovesse essere implementato e trasformato in legge, cosa possibile se dovesse restare lo stallo fra i Repubblicani.
Le altre notizie della settimana:
L'ex presidente Trump ha definito una “truffa” il processo civile intentato contro di lui nello stato di New York per la falsificazione di alcuni documenti finanziari. Nelle sue osservazioni, il tycoon ha criticato il procuratore generale come qualcuno che lo odia e che ne vuole impedire la rielezione.
"Questa è una truffa nei miei confronti", ha detto Trump, seduto nella prima fila con un completo blu scuro e una cravatta rossa.
Hunter Biden si è dichiarato non colpevole in relazione alle accuse di evasione fiscale nei suoi confronti: il figlio del presidente è indagato per non aver versato almeno 1,4 milioni di dollari in tasse federali fino al 2019. Nei suoi confronti è stata contestata la spesa eccessiva per attività illecite, tra cui droghe e prostitute.
Nel corso della settimana gli Stati Uniti hanno guidato una coalizione internazionale che ha bombardato diversi siti militari in Yemen, utilizzati dai ribelli Houthi in risposta agli attacchi alle navi cargo nel Mar Rosso.
Biden, nel corso del discorso in cui ha giustificato l’attacco, ha affermato: “Più di 50 nazioni sono state colpite da 27 attacchi alla navigazione commerciale internazionale. Gli equipaggi di oltre 20 Paesi sono stati minacciati o presi in ostaggio in atti di pirateria. Più di 2.000 navi sono state costrette a deviare per migliaia di miglia per evitare il Mar Rosso, il che può causare ritardi di settimane nei tempi di spedizione dei prodotti. Queste azioni mirate indicano che gli Stati Uniti e i nostri partner non tollereranno attacchi al nostro personale né permetteranno ad attori ostili di mettere a rischio la libertà di navigazione in una delle rotte commerciali più critiche del mondo”.
Vorreste essere ospiti del mio poscast 5 minuti di finanza? Mi piacerebbe e sareste i primi...un episodio sulle elezioni americane/ idee e proposte economiche dei partiti per il quadriennio...sono le prime idee che mi vengono.