Sfida politica sul tetto del debito: perché è così importante?
Nel nostro approfondimento settimanale parliamo della sfida politica a riguardo dell'aumento del tetto del debito, fondamentale per il futuro prossimo degli Stati Uniti.
Tetto del debito: una battaglia politica cruciale per il futuro americano
Nella giornata di giovedì gli Stati Uniti hanno raggiunto il tetto del debito, ovvero la cifra massima che il governo può spendere per le sue attività ordinarie, fissata a circa 31.400 miliardi di dollari. Proprio per questo motivo il Dipartimento del Tesoro ha attuato una serie di misure straordinarie volte ad evitare un “default” che sarebbe drammatico per l’economia americana, in modo da dare ai legislatori ulteriore tempo per alzare la soglia massima.
Prima di parlare delle discussioni politiche in corso nelle ultime ore per aumentare il limite di spesa, può essere utile analizzare quali potrebbero essere le conseguenze di un mancato innalzamento. Secondo diversi economisti, qualora gli Stati Uniti dovessero andare incontro ad un default del loro debito (sarebbe la prima volta nella storia) potrebbe scatenarsi una crisi di scala globale, proprio in virtù del ruolo preponderante che l’economia americana ha nel mercato mondiale.
A livello interno sarebbero bloccati i finanziamenti statali per sostegni all’assistenza sanitaria e gli aiuti per il cibo alle famiglie; a rischio ci sarebbe anche il pagamento delle pensioni. Un default spingerebbe notevolmente i tassi d’interesse verso l’alto, facendo aumentare i costi per le rate di automobili e mutui per le case. Per evitare questa situazione che sarebbe disastrosa per l’economia, il Congresso deve approvare un innalzamento del tetto, che eviterebbe il default e permetterebbe al Tesoro di finanziare a debito le misure.
Farlo, però, non sarà semplice, visto che la questione è diventata già terreno di scontro fra i due partiti. Stando a quanto riportato da The Hill, la Casa Bianca non sembra propensa a negoziare a lungo con il Partito Repubblicano, che chiede in cambio ad un aumento del tetto profondi tagli alla spesa. La strategia di Biden e del Partito Democratico è sicuramente rischiosa, ma poggia su alcuni precedenti: il Congresso ha votato per aumentare il tetto del debito numerose volte nel recente passato, e generalmente la minoranza non ha opposto grande opposizione, anche negli anni di presidenza Trump in cui la divisione fra le varie compagini era a livelli massimi.
Sono pochi i precedenti in cui si è andati ad uno scontro su una questione del genere: uno di questi è relativo al 2011, quando lo stesso Biden (che allora era vicepresidente) riuscì ad arrivare ad un accordo con il Partito Repubblicano proprio a pochi giorni dalla scadenza. Lo scorso anno, invece, dopo mesi di trattative, il GOP raggiunse un’intesa con i Democratici per un’estensione all’uso del filibuster che ha permesso alla maggioranza di approvare un aumento senza difficoltà.
Seguendo questi precedenti ed il principio per cui “l’aumento serve a finanziare misure già approvate e non intacca su quelle future”, il Partito Democratico spera che i Repubblicani accettino un’intesa senza grossi compromessi, puntando sul fatto che in caso di mancato accordo il paese riconosca la colpa e l’irresponsabilità del GOP.
Se questa è la strategia delineata da diversi giornali, la soluzione non sarà così semplice. Una parte del Partito Repubblicano, infatti, sta cercando di mantenere un atteggiamento prudente sulla vicenda, con il leader della minoranza al Senato Mitch McConnel che di recente ha affermato: “Voglio ricordare che gli Stati Uniti non sono andati mai in default, ragion per cui serve necessariamente un negoziato”. Alla Camera dei Rappresentanti, però, è presente una minoranza molto rumorosa di ultra-conservatori, che chiedono in cambio al voto per l’aumento del tetto un drastico piano di tagli alla spesa, che trova la ferma opposizione dei Democratici e di parte dello stesso Partito Repubblicano (a riguardo, Donald Trump si è dichiarato fermamente contrario alla riduzione dei fondi per pensioni e sanità).
Il nuovo Speaker della Camera Kevin McCarthy, dunque, dovrà essere bravo a muoversi in un terreno particolarmente impervio, diviso fra la necessità di garantire concessioni all’ala destra del suo partito (che ha scelto di votarlo dopo ben quindici scrutini), senza però alienarsi l’ala moderata del GOP spingendo troppo in là la trattativa. Lo stesso McCarthy, del resto, parlando ad inizio settimana si è detto disposto ad impostare una trattativa con Biden, sottolineando però la necessità di un cambio di passo rispetto all’atteggiamento avuto dai governi negli ultimi anni.
Proprio nel tentativo di sbloccare l’impasse, diversi senatori hanno iniziato colloqui bipartisan per trovare un’intesa. Fra questi è particolarmente attivo Joe Manchin, democratico moderato della West Virginia, che ha affermato di aver avviato delle trattative con Kevin McCarthy, proponendo una commissione bipartisan per capire se è possibile arrivare a tagli agli sprechi della spesa pubblica che non vadano a toccare i livelli essenziali delle prestazioni erogate.
La nomina delle nuove commissioni della Camera
La settimana politica americana è stata caratterizzata anche dalla nomina delle nuove commissioni della Camera, che saranno cruciali per lo svolgimento del lavoro amministrativo nel prossimo biennio. Proprio partendo dalle scelte fatte dal Partito Repubblicano, può essere possibile tracciare un primo bilancio per capire in che direzione potrà andare il Congresso.
Nell’importantissima Commissione agli Affari Esteri è stato designato Michael McCaul (abbiamo tracciato qui il suo profilo), deputato di lungo corso e figura considerata da molti critici affidabile ed esperta, che rappresenta una garanzia soprattutto per quanto riguarda il sostegno americano all’Ucraina, viste le sue posizioni favorevoli agli aiuti in guerra.
Lo Speaker McCarthy, però, ha dovuto pagare dividendi anche all’ala ultra-conservatore del Partito Repubblicano: Marjorie Taylor Greene e Paul Gosar, che nel 2021 erano stati rimossi dai loro ruoli dopo l’assalto al Congresso.
Anche altri membri del gruppo critico di McCarthy, che poche settimane fa ha portato la votazione per la sua elezione a Speaker al quindicesimo scrutinio, hanno ricevuto ruoli importanti. Byron Donalds (R-Fla.) e Andy Ogles (R-Tenn.) sono stati nominati nel Financial Services Committee, mentre Michael Cloud (R-Texas) e Andrew Clyde (R-Ga.) hanno avuto un ruolo nell’Appropriations Committee.
Le altre notizie della settimana
La crisi economica dell’ultimo periodo si sta facendo sentire anche sulle Big Tech company, che negli Stati Uniti sono prossime ad un elevato numero di licenziamenti. L’ultima grande azienda in ordine cronologico ad agire in tal senso è stata Google, che ha annunciato ben 12.000 licenziamenti, in scia con quanto fatto già da Microsoft, Amazon e Meta.
La Casa Bianca, per bocca della portavoce Karine Jean-Pierre, ha affermato: “Il Presidente è preoccupato della situazione e sta monitorando la cosa. Tuttavia i dati mostrano come queste compagnie stiano continuando a crescere e la disoccupazione è a livelli molto bassi”.
Un recente sondaggio eseguito da Harvard CAPS-Harris ha mostrato come la vicenda relativa ai documenti riservati in possesso di Joe Biden, della quale abbiamo parlato nel numero della scorsa settimana, abbia impattato negativamente sulla popolarità del presidente. Per il 64% degli intervistati, infatti, “la presenza di questi documenti in luoghi non protetti rappresenta un serio pericolo per la sicurezza nazionale”.
Parlando della vicenda, Biden ha cercato di minimizzare affermando: “Ho seguito semplicemente quello che i miei avvocati hanno detto di fare”.
La Florida, governata da Ron DeSantis (considerato uno dei papabili candidati nella corsa alla presidenza), ha impedito l’avvio di un corso universitario sulla storia afro-americana. Secondo lo stesso DeSantis, tale corso “non avrebbe valori istruttivi e sarebbe contrario alle leggi dello stato”. Tale decisione ha incontrato la forte opposizione della Casa Bianca, che ha definito tale scelta “incomprensibile”.
Paesi Bassi e Giappone, fra i fornitori di apparecchiature per la produzione di semiconduttori, sono vicini a unirsi a uno sforzo guidato dall'amministrazione Biden per limitare le esportazioni della tecnologia in Cina e ostacolare la sua spinta nell'industria dei microchip. Questa mossa rappresenterebbe un importante vittoria per l’amministrazione Biden, che da tempo sta combattendo una guerra commerciale proprio sul fronte dei semiconduttori.
L’House GOP Steering Committee ha assegnato al deputato George Santos (R-N.Y.), al centro di numerose polemiche per aver mentito a più riprese a riguardo del suo curriculum, un posto nell’House Small Business Committee e House Science, Space, and Technology Committee. Questa scelta è stata presa nonostante diversi membri del suo stesso partito abbiano richiesto le sue dimissioni.
Ruben Gallego, attuale deputato democratico eletto in Arizona, intende annunciare la sua candidatura al Senato nel novembre 2024 per il seggio attualmente detenuto da Kyrsten Sinema (che è uscita di recente dal Partito Democratico).
Il senatore Tim Kaine (D-Va) ha annunciato la sua intenzione di cercare un terzo mandato al Senato, causando un'ondata di sollievo nel Partito Democratico, dopo le preoccupazioni che si ritirasse e creasse una potenziale occasione per i Repubblicani.