Perché Biden è in difficoltà con i giovani e l'elettorato di colore?
Nel nostro approfondimento settimanale parliamo delle difficoltà elettorali del presidente americano Biden
Biden e le difficoltà nell’elettorato di colore
Manca meno di un anno alle elezioni presidenziali, ma la situazione per Joe Biden è tutt’altro che rosea. Da diverse settimane, infatti, stanno uscendo sondaggi che vedono l’inquilino della Casa Bianca indietro rispetto a Donald Trump: per New York Times/Siena Collage, ad esempio, il tycoon conduce con un buon margine in cinque dei sei stati chiave in cui è stata svolta l’indagine (Nevada, Georgia, Arizona, Michigan, Pennsylvania), con l’unica eccezione del Wisconsin. Nella stessa rilevazione il 67% degli intervistati ha dichiarato come il paese stia andando nella direzione sbagliata, mentre solo per il 22% la strada è quella giusta.
Questi dati sono più o meno omogenei per tutti gli stati principali e, bene o male, per tutte le fasce d’età. Uno degli aspetti più interessanti, e forse più preoccupanti per Biden, è relativo alle difficoltà che quest’ultimo sta avendo nel ricostruire la coalizione che l’ha portato a vincere nel 2020. Un esempio lampante è quello legato alle problematiche incontrate con l’elettorato di colore, che ha aiutato l’attuale presidente sia nella vittoria delle primarie (ad esempio fu decisivo in South Carolina, in un momento nel quale si parlava anche di un possibile ritiro visti i pessimi risultati ottenuti in Iowa e New Hampshire) che nelle elezioni generali.
Un sondaggio pubblicato qualche settimana fa, ad esempio, sottolinea come il 22% degli elettori di colore sarebbe propenso a votare per Donald Trump. Secondo gli exit polls pubblicati dopo le elezioni del 2020, invece, tale cifra era intorno al 12%. Questi numeri vanno contestualizzati per capire quali possono essere le motivazioni di una disaffezione che appare nelle rilevazioni e che potrebbe pesare quando si andrà alle urne, anche in virtù di un tasso di approvazione abbastanza basso fra i non-white voters, in cui è appena al 54%.
A riguardo va sottolineato come il problema più grande, per Biden, non sia tanto quello relativo alla possibilità che le popolazioni di colore scelgano di votare in massa per il GOP. Il rischio è piuttosto che questa poca fiducia si traduca in una bassa affluenza e in una difficoltà di mobilitare gli elettori, fattore che potrebbe favorire i Repubblicani, la cui base di fedelissimi sarà verosimilmente schierata in maniera compatta dietro il suo candidato (al netto delle incognite generate dalla possibile condanna di Trump, le cui conseguenze ora sono difficili da prevedere).
Ma da cosa dipende questo malcontento nei confronti del presidente in carica? Per provare a rispondere, The Hill ha intervistato Waikinya Clanton, che in Mississippi dirige l’ufficio per il Southern Poverty Law Center. Quest’ultima ha dichiarato: “Le persone di colore stanno soffrendo a causa dei tassi di disoccupazione elevati. La gente fatica a capire come sfamare le famiglie o come sostenere la propria comunità”. Sempre nello stesso articolo, Darryn Harris, candidato al Senato statale della California, ha affermato: “I Repubblicani riescono ad essere convincenti a causa del loro messaggio sull’economia. Parlano di questo e della possibilità di migliorare la mobilità sociale, e credo che questo messaggio risuoni molto fortemente".
Secondo il New York Times, parte della spiegazione è legata anche al momento di malcontento generale verso la presidenza. Al netto delle consuete preoccupazioni circa l’età di Biden, è soprattutto l’economia a generare sfiducia, dato che le difficoltà dovute all’inflazione si riflettono maggiormente in quelle che sono le fasce di popolazione più povere. E se i Democratici, fino ad ora, hanno recuperato soprattutto puntando sull’aborto, questa carta rischia di essere meno efficace nell’elettorato di colore, generalmente più vicino alle sensibilità religiose e meno favorevole rispetto alla media sul tema.
Biden fatica anche fra i giovani. Soprattutto sul conflitto nella striscia di Gaza
Sono già due i senatori del Partito Democratico che si sono schierati a favore di un cessate il fuoco nel conflitto fra Israele e Hamas: si tratta di Jeff Merkley e Dick Durbin. Quest'ultimo ha sostenuto in settimana: "Un cessate il fuoco e le successive negoziazioni devono raggiungere obiettivi essenziali, compreso il rilascio di tutti gli ostaggi e l'arrivo a Gaza di massicci aiuti umanitari".
Questa situazione evidenzia in maniera chiara un’altra grande difficoltà che Biden sta affrontando, ed è relativa alla gestione della base interna a riguardo del conflitto. Fin dall’inizio il presidente è stato durissimo nel condannare gli attacchi di Hamas, ma ha provato anche a smorzare la violenza della reazione israeliana. Nonostante questo, però, un sondaggio di NBC News sottolinea come la maggioranza degli elettori disapprovi il modo in cui sta gestendo la situazione. Questo vale in particolar modo nei giovani (che rappresentano una parte dell’elettorato importante per il Partito Democratico), il cui 70% è scontento dell’atteggiamento della Casa Bianca: il malcontento di questa fascia di elettori, in realtà, esula dalla singola vicenda e rappresenta piuttosto una fotografia del sentimento verso la presidenza.
Nel complesso solo fra i Democratici la percentuale di coloro che approvano la gestione della guerra fra Israele e Hamas è superiore a quanti disapprovano, ma il 51% dei giovani sostenitori del Partito ritiene che la reazione del governo Netanyahu sia fin troppo esagerata, mentre solo il 27% sostiene che l’azione militare sia pienamente giustificata. Nate Silver ricorda inoltre in un suo articolo come un recente sondaggio abbia mostrato che negli under 30 il sostegno alla Palestina è più alto rispetto a quello per Israele.
Jeff Horwitt, sondaggista vicino ai Dem, ha sottolineato a NBC News: “Questo sondaggio è uno shock. Ma si tratta di persone che in passato hanno dimostrato di poter comunque rientrare nei ranghi e sostenere il presidente”. Anche perché, ricorda ancora Horwitt, da qui alle presidenziali possono succedere ancora molte cose, tra cui una possibile condanna di Donald Trump, fattore che potrebbe spostare notevolmente i consensi.
Le altre notizie della settimana:
Lo Speaker della Camera dei Rappresentanti Mike Johnson ha annunciato la creazione di un comitato, chiamato Grow the Majority, che avrà il compito di sollecitare i grandi donatori e distribuire nei distretti chiave per le prossime elezioni i fondi raccolti.
Nella giornata di lunedì, una Corte Federale ha emesso una decisione destinata a indebolire notevolmente il Voting Rights Act, che garantisce equità elettorale per tutti i gruppi etnici e culturali proponendosi di combattere pratiche discriminatorie. Nello specifico, la Corte d'Appello dell'Ottavo Distretto ha affermato che solamente il Procuratore Generale può introdurre battaglie legali sul diritto al voto.
Questo impedirebbe a privati cittadini e gruppi organizzati di presentare ricorsi, come spesso avviene quando ad esempio vengono disegnati distretti elettorali per la Camera la cui conformazione etnica tende a svantaggiare le comunità di colore. È certo, in ogni caso, che la questione sarà portata fino alla Corte Suprema.
Lunedì, la Commissione per i Dibattiti Presidenziali ha annunciato le date dei tre confronti in vista delle elezioni del 2024 che, molto probabilmente, vedranno Joe Biden e Donald Trump sfidarsi per la seconda volta.
I dibattiti presidenziali sono programmati per il 16 settembre presso la Texas State University di San Marcos, il 1 ottobre alla Virginia State University di Petersburg e il 9 ottobre presso l'Università dello Utah a Salt Lake City. Il dibattito tra i vicepresidenti è invece fissato per il 25 settembre al Lafayette College di Easton, Pennsylvania. I moderatori e il formato verranno decisi l'anno prossimo, ma è già noto che ciascun dibattito avrà una durata di 90 minuti, senza interruzioni pubblicitarie. Per partecipare, i candidati dovranno avere almeno il 15% di sostegno nei sondaggi nazionali.
Rosalynn Carter, moglie del 39° presidente Jimmy Carter, è scomparsa in Georgia all'età di 96 anni. A maggio le era stata diagnosticata la demenza. Venerdì, la famiglia aveva annunciato che stava ricevendo cure palliative a casa, situazione condivisa anche dal marito sin da febbraio, quando aveva deciso di rinunciare a ulteriori interventi medici.