McCarthy eletto Speaker, ma il GOP è diviso: e ora?
È stata una settimana caotica per il Partito Repubblicano, alle prese con l'elezione del nuovo Speaker della Camera dei Rappresentanti
Kevin McCarthy è il nuovo Speaker della Camera
Ci sono voluti diversi giorni, lunghe trattative e pesanti concessioni, ma alla fine la Camera dei Rappresentanti ha il suo nuovo Speaker: si tratta di Kevin McCarthy, esponente Repubblicano che, con 216 voti a favore, ha avuto la meglio sul Democratico Hakeem Jeffries. L’elezione, però, è avvenuta in un crescendo di tensioni che hanno portato la contesa fino al quindicesimo scrutinio, manifestando una spaccatura all’interno del GOP che lo stesso McCarthy ora dovrà essere bravo a gestire.
Per avere una bussola su quello che è successo nell’ultima settimana, può essere utile riepilogare gli eventi in modo da delineare meglio il percorso che ha portato alla situazione attuale. Come già accennato, in questi giorni i deputati sono stati convocati per l'elezione dello Speaker: la persona che ricopre questo incarico, che negli ultimi anni è stato della Democratica Nancy Pelosi, ha il compito di condurre i lavori della Camera dei Rappresentanti e segue il vicepresidente degli Stati Uniti nella linea di successione presidenziale.
Subito dopo le midterm, in cui i Repubblicani hanno riconquistato la maggioranza nella Camera, il GOP ha indicato come candidato del partito per la carica in questione Kevin McCarthy (che nello scorso Congresso è stato il leader della minoranza) . Quest’ultimo, però, ha dovuto fronteggiare fin da subito una forte minoranza interna, composta da alcuni deputati appartenenti principalmente all’ala ultra-conservatrice, che hanno minacciato di non votarlo.
Vista l’esigua maggioranza Repubblicana, infatti, bastavano pochissime defezioni per far saltare il banco ed impedire l’elezione al primo turno. Per questo motivo il candidato, nei giorni precedenti al voto, ha iniziato un intenso lavoro diplomatico per ricucire lo strappo. Questo sforzo, però, non è andato a buon fine: nella prima votazione, infatti, McCarthy ha ricevuto 19 voti in meno rispetto ai 222 della maggioranza Repubblicana, rendendo necessario un secondo scrutinio (per la prima volta in oltre un secolo).
Nonostante un risultato che ha rappresentato una vera e propria batosta personale per McCarthy, quest’ultimo ha scelto di non ritirarsi, preferendo una lunga serie di scrutini nei quali ha tentato di vincere le resistenze interne ed ottenere i consensi necessari per essere nominato Speaker. Dopo le prime due giornate di trattative e di votazioni andate a vuoto (con il candidato della destra Jim Jordan che ha sempre raccolto una ventina di voti), il leader Repubblicano ha intensificato i dialoghi con l’ala più intransigente per arrivare ad un accordo. Lo stallo è proseguito per giorni, dal momento che si è arrivati sino all’undicesimo scrutinio senza che McCarthy fosse riuscito a fare passi avanti concreti. Un primo cambio di rotta si è avuto nella notte italiana fra il 5 e il 6 gennaio, data in cui il candidato ha iniziato a recuperare voti, raccogliendo il consenso di 14 deputati che inizialmente avevano votato per altri candidati.
Dopo il dodicesimo scrutinio, dunque, McCarthy è arrivato a 213 voti. Lo stallo si è sbloccato nella notte italiana fra il 6 e il 7, in cui (dopo frenetiche trattative e quando appariva scontato un rinvio della discussione a lunedì) tutti i ribelli si sono astenuti permettendo il raggiungimento del quorum utile a certificare l’elezione.
Chi è Kevin McCarthy, il nuovo Speaker della Camera
Per capire in che direzione andrà la gestione della Camera dei Rappresentanti nei prossimi anni, può essere utile tracciare il profilo di Kevin McCarthy. Nato a Bakersfield il 26 Gennaio 1965 da un padre di origini irlandesi e una madre di origini italiane, il nuovo Speaker ha ottenuto una laurea in marketing dall’Università Statale della California, nonché un master in Economia e Direzione Aziendale.
Attivo politicamente fin dai tempi del college, ha lavorato nello staff del deputato Repubblicano Bill Thomas dal 1987 al 2002. Sempre a questo periodo risalgono i primi impegni presso il GOP, dal momento che nel 1995 ha guidato i Giovani Repubblicani della California e dal 1997 al 2001 la Federazione Nazionale dei Giovani Repubblicani. Nel 2002 McCarthy è stato eletto all’Assemblea Statale del suo stato, divenendone il leader nel 2003.
Nel 2007 è stato eletto alla Camera dei Rappresentanti federale per il 22esimo distretto (oggi 23esimo), ricoprendo poi il ruolo di vice-whip dal 2009 al 2013, per poi essere eletto Majority Leader nel 2014. McCarthy coltivò l’ambizione di essere eletto Speaker già nel 2015, ma allora fu costretto a cedere il passo.
Nonostante alcuni momenti di conflitto, negli ultimi anni McCarthy è sempre stato di supporto per l’ex Presidente Donald J. Trump, diventando uno dei suoi più importanti alleati al Congresso. Il compito di McCarthy era d’altronde anche quello di rendere più appetibili le proposte di Trump al Congresso e di ammorbidire il Presidente quando fosse necessario. Degli audio ottenuti dai due giornalisti del New York Times, Alexander Burns e Jonathan Martin, nei giorni seguenti all'assalto al Congresso avvenuto il 6 Gennaio 2021, mostrano però un Kevin McCarthy che, nel privato, si era stancato di Donald Trump, arrivando addirittura a voler chiedere le dimissioni all’ex Presidente.
Quali saranno le conseguenze delle fratture di questa settimana?
Con l’elezione di Kevin McCarthy ed il giuramento dei nuovi deputati, i lavori del Congresso sono pronti ad entrare nel vivo. Per il nuovo Speaker della Camera, però, non sarà affatto facile gestire la maggioranza, dal momento che quest’ultimo dovrà fare i conti con le diverse fazioni del suo stesso partito e con una lunga serie di malumori interni, alimentati proprio dalle fratture createsi negli ultimi giorni. L’ala più estremista del GOP, che ha accettato il passo indietro per consentire l’elezione di Kevin McCarthy come nuovo Speaker, passerà indubbiamente all’incasso cercando di ottenere quante più concessioni politiche, anche su questioni delicate (come quelle della riduzione delle spese militari) altamente impopolari in gran parte del mondo conservatore.
Questo ruolo di primo piano da parte dell’ultra-destra, però, ha alimentato malumori (talvolta espliciti, in questi giorni di trattative) anche nell’ala moderata del Partito, che non ha digerito le numerose aperture di McCarthy, fattore che aggiunge incertezza ed instabilità. Come riportato da TheHill, infatti, sebbene molti deputati abbiano cercato di ridimensionare il peso delle concessioni fatte dal nuovo Speaker all’ala destra del partito, sono molti gli esponenti che temono come queste possano rendere più difficile il lavoro della Camera nei prossimi anni.
Ma quali sono le concessioni fatte da McCarthy? Una delle principali riguarda il numero di persone che possono richiedere un voto per rimuovere lo Speaker: attualmente servono cinque deputati per far partire la richiesta, mentre se dovessero essere approvate le nuove regole la soglia sarebbe abbassata ad uno solo. Questa decisione è fortemente contrastata da numerosi esponenti in entrambi i partiti, che temono un maggior potere di ricatto da parte di singoli gruppi.
McCarthy ha promesso anche di tornare alla vecchia metodologia di discussioni delle leggi, ridando maggior peso al Congresso e riducendo il ruolo delle discussioni a porte chiuse fra legislatori. Sebbene dietro queste richieste ci siano motivazioni nobili, molti osservatori hanno sottolineato come questo potrebbe rallentare notevolmente il processo di approvazione delle leggi.
Un'altra concessione particolarmente importante è quella che garantirebbe l'ingresso ad esponenti del Freedom Caucus (il gruppo di estrema destra del Partito Repubblicano) all’interno dell’House Rules Committee, il fondamentale organismo della Camera che decide quali leggi possono passare in aula per essere discusse, contribuendo quindi al dettare l’agenda politica americana. Questa possibilità, unità a quella di garantire allo stesso Freedom Caucus ruoli di comando in alcuni dei posti chiave della Camera, ha generato forti malumori, con lo stesso repubblicano Don Bacon che ha affermato: “Le presidenze e i ruoli chiave vanno guadagnati, noi crediamo in un sistema meritocratico all’interno del GOP”.
Le questioni regolamentari del quale si è appena parlato andranno discusse nei prossimi giorni e potranno rappresentare uno dei primi fronti spinosi nel prossimo Congresso. Questo porta ad un altro grande interrogativo: quanto ne esce indebolito McCarthy? Gli ultimi giorni rischiano di complicarne notevolmente il mandato, non solo per quanto riguarda le problematiche del quale si è appena parlato, ma anche nel normale lavoro quotidiano nei prossimi due anni. Questioni come l’innalzamento del tetto del debito, il sostegno militare all’Ucraina (su cui l’ala destra del Partito Repubblicano è più scettica), l’approvazione del finanziamento al governo federale potrebbero aprire nuovi fronti che porteranno McCarthy su un pericoloso pendio, costringendolo a mediare tra fazioni diverse con la consapevolezza di non poter perdere alcun voto. Soltanto i prossimi mesi, però, diranno quali saranno le conseguenze effettive di questa situazione.
Le altre notizie della settimana
Gli Stati Uniti continueranno ad offrire supporto all’Ucraina nel conflitto con la Russia. Nella giornata di giovedì USA e Germania hanno infatti annunciato l’invio di nuovi veicoli blindati e del sistema di difesa aerea Patriot.
Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden, in una dichiarazione rilasciata ai giornalisti nella giornata di mercoledì, ha annunciato che intende visitare il confine con il Messico la prossima settimana. Con questo viaggio l’inquilino della Casa Bianca intende toccare con mano la delicata questione migratoria, uno degli elementi per cui è stato maggiormente criticato e che contribuisce alla sua impopolarità.
Nei giorni del caos per l’elezione dello Speaker della Camera dei Rappresentanti, è andato in scena un momento di forte collaborazione fra i due partiti. Il presidente Joe Biden ed il leader Repubblicano al Senato Mitch McConnell, infatti, hanno tenuto un discorso congiunto in Kentucky in cui hanno lodato gli effetti della legge bipartisan sulle infrastrutture approvata nel 2021.
La governatrice Democratica dell’Arizona Katie Hobbs ha firmato un ordine esecutivo che rafforza la protezione per le persone LGBTQ+, introducendo un divieto di discriminazione nei luoghi di lavoro pubblici.
Il senatore democratico Bob Casey, al terzo mandato e chiamato a difendere il suo seggio nelle elezioni del 2024, ha annunciato alla nazione di avere un tumore alla prostata. Lo stesso Casey ha dichiarato: “Nei prossimi mesi mi sottoporrò a un intervento chirurgico, al termine del quale è previsto un recupero completo. Sono fiducioso che il percorso terapeutico raccomandato mi consentirà di continuare a prestare il mio servizio nel 118° Congresso con un'interruzione minima, e non vedo l'ora di affrontare il lavoro che mi attende”.
Stando a quanto riportato da diverse fonti, Joe Biden avrebbe deciso di candidarsi alle elezioni presidenziali del 2024, ponendo fine alle speculazioni sul suo futuro politico. L’annuncio ufficiale dovrebbe arrivare nel mese di aprile.
Il presidente in carica non è l’unica persona pronta a scendere in campo. John Bolton (R), ambasciatore permanente degli Stati Uniti all'ONU durante l'era Bush ed ex consigliere per la sicurezza nazionale di Donald J. Trump, ha infatti annunciato all'emittente britannica ITV la sua candidatura alla Presidenza degli Stati Uniti d'America, che sarà ufficializzata nei prossimi giorni con l’espletamento delle procedure formali necessarie.
La Senatrice Democratica Debbie Stabenow, in carica per lo stato del Michigan sin dal 2001, ha annunciato oggi a Melissa Nann Burke, reporter di Detroit News, che non si ricandiderà nel 2024. Questo seggio sarà cruciale nel 2024, quando i Repubblicani, con una mappa favorevole, cercheranno di vincere il più possibile tra gli Stati contendibili.