Dove si decideranno le prossime elezioni
Nel nostro approfondimento ci soffermiamo sugli stati centrali per le prossime presidenziali, sulle possibilità di Biden e Trump e sulle discussioni a riguardo dei finanziamenti per l'Ucraina
Gli stati dove si decideranno le prossime elezioni
La corsa per le presidenziali del 2024 è ormai partita da tempo: Joe Biden e Donald Trump hanno già iniziato la sfida politica per assicurarsi i favori della popolazione in un rematch del confronto di quattro anni fa. Come sempre, a decidere la contesa saranno quei pochi swing states che determineranno la vittoria per l’uno o per l’altro candidato: ma quali saranno i territori da attenzionare per capire chi avrà la meglio?
Il primo punto, per affrontare il discorso, è chiarire come funziona il meccanismo elettorale negli Stati Uniti. La scelta del presidente è decisa dal collegio dei grandi elettori, nominati in base alle preferenze espresse dai votanti in ciascuno stato. Nello specifico, ciascun territorio esprime un certo numero di delegati, assegnati in proporzione alla popolazione, che vengono attribuiti al candidato che in quello stesso stato ha ottenuto la maggioranza dei voti.
Ad esempio, i 54 grandi elettori della California saranno quelli nominati da Joe Biden, visto i Democratici vinceranno senza ombra di dubbio quel territorio, mentre i 30 della Florida andranno con ogni probabilità a Donald Trump. A fare la differenza saranno quelle poche aree in cui la situazione è di sostanziale equilibrio: si tratta di Arizona (con 11 grandi elettori), Georgia (16), Michigan (15), Nevada (6), Pennsylvania (19) e Wisconsin (10). Senza questi territori, come mostra la mappa di 270towin, il GOP avrebbe 235 voti e i Dem 226 (relativi a quegli stati il cui risultato appare scontato in favore degli uni o degli altri).
Cosa dicono a riguardo gli ultimi sondaggi? Se si prende l’esempio dell’Arizona, ovvero uno degli stati che negli ultimi anni ha votato quasi sempre per il Partito Democratico, a essere in vantaggio è Donald Trump, con un margine che in base alle varie rilevazioni viaggia fra i 3 e i 7 punti. Anche in Georgia, che fu decisiva nel 2020 per la vittoria di Biden, il tycoon è avanti bene o male con lo stesso divario. Una situazione simile, del resto, si rivela in quasi tutti gli swing states.
La sensazione comune è che, qualora si dovesse votare oggi, sarebbe Donald Trump a prevalere, anche se con un leggero margine. Nonostante questo, però, Biden ha importanti possibilità per recuperare: la buona prova nel discorso sullo Stato dell’Unione e i dati economici in ripresa rappresentano sicuramente delle carte importanti che il presidente in carica potrà giocare da qui a novembre. Inoltre, come sottolinea Abc News, la storia recente dimostra come i sondaggi a questo punto del percorso elettorale non siano affidabili nel prevedere il risultato finale, dato che sono molti gli elettori propensi a cambiare idea.
La stessa testata evidenzia come gli stessi risultati dei sondaggi, al momento, vadano presi con le pinze per un altro motivo: i tassi di risposta sono molto più bassi del solito, mentre la presenza di tanti elettori ancora incerti rende il risultato assolutamente ribaltabile. Insomma, molto dipenderà dalla campagna elettorale. E dalla capacità che Biden avrà nel convincere i votanti sul suo stato di forma.
La sfida politica sugli aiuti all’Ucraina
Uno dei tavoli negoziali più attivi è quello che riguarda il tentativo di raggiungere un'intesa sui nuovi finanziamenti a favore dell’Ucraina per affrontare la guerra contro la Russia. Negli scorsi mesi l'approvazione di nuovi fondi è stata spesso bloccata dall’ala più conservatrice e isolazionista del Partito Repubblicano, contraria a investire cifre importanti in tale conflitto.
Il presidente Biden, d'altro canto, continua a sostenere come aiutare l’Ucraina e impedire la vittoria di Vladimir Putin rappresenti un interesse primario per gli Stati Uniti. “Sono convinto che la maggior parte dei membri del Congresso abbia voglia di fare la sua parte”, ha sostenuto ancora l'inquilino della Casa Bianca, “continuerò a esortare tutti nell'opporsi a Vladimir Putin. È un delinquente”.
Da questo punto di vista, rispetto al passato, si registra una maggiore apertura da parte dello Speaker della Camera dei Rappresentanti Mike Johnson, anche se non è ancora chiara la strada che quest'ultimo userà per arrivare all'approvazione della norma. Secondo POLITICO, è verosimile che questa passi con l'apporto determinante dei voti Democratici.
Johnson ha dichiarato come potrebbe essere approvata un'unica norma per finanziare Israele e Ucraina, oppure due misure distinte. Nel farlo dovrebbe usare l’House Sospension Calendar, un meccanismo che accelera notevolmente i lavori della Camera ma che richiede il parere favorevole di due terzi dei deputati per essere attivato. Lo Speaker, inoltre, non ha specificato se tale norma prevederà misure compensative per aumentare la sicurezza al confine meridionale, come richiesto da alcuni membri del GOP.
È comunque verosimile, sottolinea The Hill, che la cifra finale di tale legge sarà inferiore ai 95 miliardi di dollari richiesti dal Senato.
L'attacco di Schumer contro Netanyahu
Il leader del Senato americano Chuck Schumer, un ebreo da tempo schierato a favore di Israele, ha espresso parole molto dure nei confronti del modo in cui il primo ministro Benjamin Netanyahu sta gestendo la guerra nella striscia di Gaza. Secondo Schumer, “Netanyahu ha fatto sì che la sua sopravvivenza politica abbia avuto il sopravvento sugli interessi dello stato”.
Schumer, inoltre, ha richiesto le dimissioni del presidente e ha attaccato l'enorme numero di vittime civili provocate dal conflitto. Facendo eco alle parole più volte pronunciate dal presidente Biden, inoltre, il leader del Senato si è espresso a favore di un cessate il fuoco temporaneo per aiutare la popolazione della Striscia. Le sue parole, in ogni caso, sono state duramente criticate da alcuni membri del Partito Repubblicano.
Lo Speaker della Camera dei Rappresentanti Mike Johnson le ha definite “scioccanti”, mentre per il leader della minoranza al Senato Mitch McConnell sono “grottesche e ipocrite”.
Le altre notizie della settimana
Con 352 voti a favore e 65 contrari, la Camera dei Rappresentanti ha fatto passare una misura con la quale si chiede il ban del celebre social network TikTok, a meno che quest'ultimo non tagli i suoi legami con il governo cinese.
A esprimersi in maniera contraria sono stati, fra gli altri, i Repubblicani fedelissimi a Donald Trump, un oppositore di tale misura. Quest'ultima, in ogni caso, adesso passerà al Senato: il leader Dem Chuck Schumer non si è ancora espresso chiaramente sulla possibilità di farlo votare o meno.
Stando a quanto deciso da un giudice nella giornata di venerdì, la Fulton Country District Attorney Fani Wills potrà continuare a seguire il caso relativo alle interferenze di Donald Trump nelle ultime elezioni in Georgia, a patto che fossero arrivate le dimissioni del suo compagno Nathan Wade (procuratore speciale nella stessa inchiesta), presentate poche ore dopo.
Gli avvocati di Donald Trump avevano criticato questa relazione sostenendo che vi fosse un conflitto d'interesse, ragion per cui il processo era stato bloccato fino al raggiungimento di una decisione a riguardo.
Mike Pence, nel corso di un'intervista rilasciata a FOX News, ha dichiarato che non intende dare il suo endorsement a Donald Trump, del quale è stato vicepresidente per quattro anni.
Pence non ha fatto riferimento alle tensioni personali fra i due (esplose dopo l'attacco al Congresso avvenuto nel 2021), ma ha motivato questa decisione sostenendo che Trump non stia più seguendo l'agenda conservatrice con la quale ha governato nel corso del suo mandato.
Il Presidente Joe Biden si è opposto alla prevista vendita di U.S. Steel alla società giapponese Nippon Steel, sostenendo che gli Stati Uniti hanno bisogno di "mantenere forti aziende siderurgiche americane portate avanti da lavoratori americani".
Il presidente Democratico ha fatto del rilancio dell'industria manifatturiera americana una pietra miliare del suo programma per la rielezione e ha ottenuto l'appoggio dell'AFL-CIO e di altri importanti sindacati.
Joe Biden e Donald Trump hanno raggiunto la maggioranza dei delegati necessari a ottenere la nomination dai rispettivi partiti alle prossime convention estive. In settimana si è infatti tenuto un nuovo giro di primarie in Georgia, Washington e Missouri, con i due candidati che hanno vinto ottenendo la maggioranza matematica.
La vera fine delle primarie avverrà poi in estate, quando Biden e Trump diventeranno ufficialmente i candidati dei due partiti. La Convention Nazionale Repubblicana si terrà dal 15 al 18 luglio a Milwaukee, Wisconsin, mentre la Convention Nazionale Democratica si svolgerà dal 19 al 22 agosto a Chicago, Illinois.
L'ex presidente Donald Trump ha promesso la grazia a chi è stato condannato per aver preso parte all'attacco eversivo contro il Campidoglio nel 2021 per impedire a Joe Biden di diventare presidente.
"I miei primi passi come prossimo presidente saranno la chiusura del confine (...) e rilasciare gli ostaggi del 6 gennaio ingiustamente imprigionati!", ha scritto Trump su Truth Social senza fornire maggiori dettagli.