Disastrosa sconfitta elettorale per i Democratici
Oggi parliamo della disastrosa sconfitta elettorale per i Democratici, delle ragioni della sconfitta, dell'approvazione da parte del Congresso del piano sulle infrastrutture e delle altre notizie.
Disastrosa sconfitta elettorale per i Democratici
Che l’aria non fosse buona per i democratici lo si era capito da tempo. Che Joe Biden avrebbe dovuto faticare per mantenere la maggioranza al Congresso il prossimo anno era evidente. Che i sondaggi indicassero un preoccupante calo di popolarità per l’inquilino della Casa Bianca era cosa nota. Martedì scorso, però, è emerso un quadro che appare perfino peggiore delle previsioni iniziali, con una pesantissima batosta elettorale che dovrà far riflettere in vista dei prossimi mesi: lo stallo legislativo che dura da settimane dovrà essere sbloccato, altrimenti le prossime midterm potrebbero trasformarsi in una disfatta.
Partiamo dall’elezione principale fra quelle tenutesi nell’election day di martedì scorso, ovvero quella relativa alla carica di governatore in Virginia, uno stato solidamente democratico in cui Joe Biden appena un anno fa aveva vinto con un margine di pochissimo superiore ai 10 punti, ed in cui i repubblicani non vincevano un'elezione statale dal 2009.
Ed infatti la media dei sondaggi era discretamente tranquillizzante per Terry McAuliffe, candidato democratico che ha già amministrato lo stato dal 2014 al 2018 e che ora andava a caccia del secondo mandato, dal momento in cui la legge locale impedisce la corsa in due elezioni consecutive.
I repubblicani, però, hanno scelto una campagna elettorale aggressiva: nelle convention chiuse che hanno portato alla scelta del candidato è emerso Glenn Youngkin, figura particolare perché, pur distanziandosi mai da Donald Trump (ed infatti ha dominato nelle contee fortemente conservatrici dove la popolarità dell’ex presidente è ancora altissima), ha cercato di tenerlo lontano per raccogliere voti anche fra gli indipendenti.
Il candidato democratico, per tutta la campagna elettorale, ha cercato di rimettere al centro dell’attenzione Donald Trump, evocandolo nei comizi anche mettendo in secondo piano le questioni locali, fattore che si è rivelato invece un elemento di debolezza. Anche per questo, con il passare delle settimane, i sondaggi hanno iniziato a mostrare un costante recupero di Youngkin, anche se giunti al giorno delle elezioni erano in pochi a scommettere addirittura sul sorpasso.
Ed invece, a spoglio iniziato, il trend è apparso evidente da subito: il margine di vittoria per Youngkin è stato molto più ampio del previsto, superiore ai due punti. Si tratta di un campanello d’allarme per i democratici. Alimentato anche dai risultati che sono arrivati dal resto del paese: anche in New Jersey, ad esempio, la partita doveva essere gestita con agilità dal partito dell’asinello.
In questo caso non è arrivata una clamorosa sconfitta, ma il margine con cui Phil Murphy ha superato il repubblicano Jack Ciattarelli è stato molto inferiore al previsto: solo 2.3 punti, in uno stato vinto un anno fa da Joe Biden con ben sedici punti di margine rispetto al suo sfidante Donald Trump.
Si è votato inoltre per il sindaco di New York, dove come da copione ha vinto l'ex poliziotto Eric Adams, per tre seggi alla Camera (finiti uno ai democratici e due ai repubblicani, senza alterare gli equilibri), per il sindaco di Buffalo (dove il candidato uscente, sconfitto alle primarie democratiche, è riuscito ad imporsi sul progressista grazie ai voti espressi tramite write-in), per un seggio alla Corte Suprema della Pennsylvania, anche questo vinto dai repubblicani (ed è un altro segnale politico importante).
Particolarmente importante è stato anche il voto per il sindaco e l'Attorney General di Seattle, vinti il primo da un democratico ed uno da un repubblicano, entrambi molto favorevoli alla polizia, esattamente un anno dopo l'esperimento relativo alle zone de-militarizzate della città.
Le ragioni della sconfitta democratica
Di fronte ad una sconfitta elettorale di questa portata, trovare un problema univoco per giustificare il risultato non è mai compito facile. Nonostante tutto, subito dopo la chiusura delle urne, in casa democratica è partito un gioco fatto di accuse e controaccuse fra le anime del partito, che ha fatto emergere diverse motivazioni. Anzitutto c’è un problema relativo all’affluenza: in molte aree una buona fetta di elettori democratici ha scelto di non recarsi al voto.
Il problema della disaffezione di un elettorato che nel 2020 si era recato in massa alle urne per sostenere Joe Biden era stato evidenziato già durante la campagna elettorale, e ha buona parte delle sue radici nello stallo che regna al Congresso, con il Build Back Better Act ancora bloccato nel gioco di veti e controveti fra l’anima progressista e quella moderata del partito.
I consiglieri di Terry McAuliffe hanno accusato gli esponenti presenti a Washington di aver tenuto per troppo tempo in stallo il popolare pacchetto di investimenti sulle infrastrutture, negoziato insieme a diversi esponenti repubblicani e bloccato dal veto dei progressisti, che l’hanno mantenuto fermo in attesa di rassicurazioni sul piano di spesa sociale.
Per i progressisti, invece, è stata proprio la mancata approvazione del piano di spesa sociale, a sua volta tenuto in stallo dai moderati ma estremamente popolare nell’elettorato del partito, ad aver danneggiato maggiormente i democratici impegnati nel voto.
C'è poi il tema relativo all'istruzione, che ha avuto un ruolo importante soprattutto in Virginia. Una dichiarazione di McAuliffe sul poco ruolo che i genitori avrebbero dovuto avere nei curriculum scolastici. Una dichiarazione che ha esacerbato un problema parecchio sentito dalle famiglie, con l'ultimo anno trascorso fra quarantene e chiusure di istituti che hanno creato non pochi problemi. In una situazione del genere, il messaggio di normalità lanciato da Youngkin ha fatto presa, rivelandosi fattore decisivo.
A tutto questo, inoltre, si aggiunge un problema non di poco conto. Il partito democratico, infatti, ha avuto gioco facile nel mobilitare il suo elettorato quando si è trattato di sfidare Donald Trump, fattore che ha permesso di tenere insieme anime diverse. In quest’occasione, quando al centro della scena non c’era più il tycoon, far passare questo messaggio è stato sicuramente più difficile e si è tradotto in una campagna elettorale timida.
Questo apre un fronte anche per i repubblicani: la candidatura di Youngkin ha avuto successo proprio per il modo in cui ha mediato fra le anime del partito, ma ripetere questo esperimento nelle midterm del 2022 non sarà affatto semplice.
Approvato al Congresso il piano sulle infrastrutture
Con uno storico voto alla Camera dei Rappresentanti è stato approvato il piano sulle infrastrutture, che vedrà un investimento senza precedenti per migliorare strade e mezzi di trasporto repubblicani e che finirà sulla scrivania di Biden per essere tramutata in legge.
Si tratta di un pacchetto bipartisan da circa 1000 miliardi di dollari, pronto da settimane ma tenuto in ostaggio a causa dei veti dei progressisti democratici, che minacciavano di non votarlo senza prima aver ricevuto rassicurazioni sul passaggio del pacchetto di spesa sociale.
Lo stallo si è sbloccato la notte fra venerdì e sabato: sei progressisti hanno votato contro, ma il loro voto è stato compensato da quello favorevole di tredici repubblicani. In cambio, i moderati del partito democratico si sono impegnati a votare il prima possibile il Build Back Better Act.
Le altre notizie della settimana
Continuano le frizioni fra il Dipartimento di Giustizia e lo stato del Texas: questa volta il DOJ è pronto a fare causa per una controversa legge portata avanti dai repubblicani e volta a regolare il processo di voto. Gli stessi senatori democratici dello stato provarono a bloccarla con un clamoroso esodo a Washington per impedirne la discussione.
Joe Biden ha scelto di andare avanti con la sua linea dura nei confronti dell’obbligo vaccinale, intrapresa qualche settimana fa in un paese che registra tassi di somministrazione inferiori rispetto all’Europa e dove intorno al tema permane un forte scetticismo. Il presidente ha imposto l’obbligo per le aziende con più di 100 dipendenti, anche se il provvedimento è stato momentaneamente bloccato dalla Corte D'Appello del quinto circolo degli Stati Uniti in Louisiana.
La commissione d'inchiesta sui fatti del 6 gennaio si trova di fronte ad una grossa incognita relativa alla possibilità di chiamare a testimoniare direttamente i membri del congresso. Un'inchiesta di Rolling Stones, infatti, ha dimostrato che sebbene nessun deputato repubblicano appaia direttamente coinvolto nell'organizzazione dell'assalto, ci sono stati alcuni colloqui. Questa eventualità, in ogni caso, rappresenterebbe un precedente che lascia perplessi molti democratici sull'effettiva opportunità di procedere in tal senso.
Negli Stati Uniti a ottobre sono stati creati 530 mila nuovi posti di lavoro dopo un deludente settembre. La disoccupazione scende così al 4,6% il punto più basso da inizio pandemia.
Sono stati rivisti al rialzo anche i dati dell’occupazione di agosto e settembre, per un totale di 235 mila posti di lavoro in più rispetto a quanto inizialmente previsto. La media mensile aggiornata ora è di 582 nuovi posti di lavoro per il 2021. A riprendersi principalmente è stato il settore più colpito dalla pandemia e dall’ondata di contagi dovuta alla variante Delta: ospitalità e divertimento, con 164 mila nuovi posti di lavoro ad ottobre. Vediamo poi 100 mila posti nei servizi, 60 mila nella manifattura, 54 mila nei trasporti, 44 mila nelle costruzioni, 37 mila nel settore sanitario e 35 mila nel commercio.
Nella giornata di martedì non si è votato solamente per eleggere uomini nelle cariche statali, ma si sono tenuti anche numerosi referendum. Il più importante fra questi è sicuramente quello tenuto nella città di Minneapolis, divenuta epicentro delle proteste contro il razzismo poco dopo l'uccisione di George Floyd. Il quesito riguardava la possibilità di abolire il Dipartimento di Polizia della città per sostituirlo con un più generico Dipartimento di Salute Pubblica, ed è stato sonoramente sconfitto.
L'Amministrazione Biden ha raggiunto un accordo con l'Unione Europea per la cancellazione parziale di alcuni dazi imposti sulle esportazioni di acciaio ed alluminio verso gli Stati Uniti, imposti circa 3 anni fa dall'ex Presidente Trump.
L'accordo annunciato oggi consentirà l'esportazione negli Stati Uniti a dazi zero di "un volume limitato" di acciaio ed alluminio europeo, ha reso noto il Segretario al Commercio Gina Raimondo. In cambio, l'Unione Europea cancellerà tutti i dazi imposti in risposta sui prodotti americani come le motociclette Harley-Davidson o il bourbon del Kentucky.
Non è passata al Senato una proposta di legge democratica volta ad implementare il diritto al voto, bloccata dall'opposizione repubblicana.
La Federal Reserve si muove contro l’inflazione galoppante: inizierà a tagliare gli acquisti di bond approvati per contrastare la pandemia (riducendo la moneta in circolazione) a partire da questo mese. Ad ogni modo il fenomeno viene considerato come transitorio.
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