Cosa sta succedendo fra Stati Uniti e Iran?
Nel numero di questa settimana parliamo delle tensioni in Medio Oriente, della richiesta di impeachment verso Mayorkas e dei dati riguardanti il mercato del lavoro
Le tensioni fra USA e Iran
Domenica scorsa un gruppo di miliziani sostenuti dall'Iran ha colpito una base statunitense in Giordania, uccidendo tre militari americani (ferendone più di trenta). Secondo fonti del Pentagono, riportate dalla CNN, tale azione è stata effettuata con un drone partito dalla Siria.
A rivendicare l'attacco è stata la Resistenza Islamica, una milizia sciita vicina all'Iran. Si tratta di uno dei tanti gruppi sostenuti dal governo, che fornisce armi e addestramento militare anche se, come sottolinea il New York Times, non sempre ha un controllo diretto sull'azione di queste organizzazioni. Il ministro degli esteri Nasser Kanaani, parlando subito dopo l'attacco, ha sostenuto come quest'azione fosse stata svolta in maniera indipendente da parte di organizzazioni che agiscono in autonomia per opporsi ad ogni aggressione e invasione del territorio.
Fin da subito, all'interno della politica americana, si sono alzate le voci di quanti chiedevano una dura reazione. Donald Trump, ad esempio, ha usato la vicenda per attaccare il presidente Biden, mentre altri esponenti (come il leader Repubblicano al Senato, Mitch McConnell, e lo Speaker della Camera dei Rappresentanti, Mike Johnson) hanno spronato la Casa Bianca a rispondere in maniera adeguata.
Se nelle primissime ore erano circolate anche voci riguardanti una possibile azione su larga scala nel Medio Oriente, nei giorni successivi si è capito che la linea politica sarebbe stata quella di azioni decise ma circostanziate. Questo è stato dovuto anche ad atteggiamenti più concilianti mostrati dall'Iran, fortemente preoccupato dalla possibile reazione americana. Sempre secondo il New York Times, i vertici militari, che si sono riuniti in questi giorni per valutare la vicenda, hanno cercato di manifestare lontananza dai ribelli provando ad evitare una guerra diretta con gli Stati Uniti, anche per preservare un regime che negli ultimi mesi è stato minato da pesanti proteste.
In un discorso tenuto nella giornata di giovedì, il Segretario per la Difesa Lloyd Austin aveva preannunciato come una risposta fosse imminente, evidenziando la necessità di dover fare il possibile per difendere gli Stati Uniti, con i loro interessi e i loro cittadini. Nelle stesse ore, Biden parlava di una "decisione presa" a riguardo del modo in cui gli Stati Uniti avrebbero dovuto muoversi.
Alla fine, nella giornata di venerdì, sono stati condotti una serie di attacchi che hanno colpito oltre 85 obiettivi in sette siti tra Siria e Iraq. Secondo gli Stati Uniti, sono stati presi di mira centri di comando e di controllo, centri di intelligence, depositi di armi e bunker utilizzati dalla Forza Quds del Corpo delle guardie rivoluzionarie islamiche iraniane e da gruppi di milizie affiliate. Tutti i siti sono collegati ad attacchi specifici contro le truppe statunitensi nella regione, come dichiarato da John F. Kirby, portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale. Inoltre, sono stati selezionati per evitare vittime civili.
L’azione militare mirava a ridurre le capacità operative delle forze iraniane e a inviare un messaggio di deterrenza. La durata degli attacchi, condotti principalmente da due bombardieri americani B-1B, partiti dalla base aerea di Dyess, è stata di trenta minuti. Secondo l'Osservatorio siriano per i diritti umani, un gruppo con sede in Gran Bretagna, almeno 18 membri dei gruppi sostenuti dall'Iran sarebbero stati uccisi. Con questa mossa gli Stati Uniti puntano anche a testare le possibili reazioni da parte dell’Iran.
Il portavoce del National Security Council ha smentito comunicazioni ufficiali tra le parti, ma la sensazione è che né gli Stati Uniti né l’Iran abbiano voglia di alzare troppo la soglia della tensione. Il paese asiatico, per bocca del ministro degli esteri Hossein Amir Abdollahian, ha criticato duramente l’azione ma ha evitato di minacciare ritorsioni. Lo stesso attacco americano, ha sottolineato il New York Times, era finalizzato quasi esclusivamente a mandare un messaggio, mentre i danni sono stati piuttosto limitati.
Il processo di Impeachment contro Mayorkas
Il Partito Repubblicano, nel corso delle ultime settimane, ha deciso di alzare il livello dello scontro sul tema dell’immigrazione. Recentemente l’ala destra del GOP ha provato a fermare un accordo volto a regolare il flusso al confine meridionale, mentre nella giornata di mercoledì l’House Homeland Security Committee ha approvato due articoli di impeachment nei confronti del Segretario per la Sicurezza Interna Alejandro N. Mayorkas.
I voti a favore sono stati 18 (tutti Repubblicani) mentre quelli contrari 15 (tutti Democratici). Mayorkas, secondo i suoi accusatori, ha violato la legge non essendo stato in grado di arginare il flusso di migranti. La prossima settimana la risoluzione dovrebbe arrivare alla Camera dei Rappresentanti, dove la soglia dello scontro salirà nuovamente. Questo perché, anche all’interno dell’area conservatrice, ci sono diverse voci critiche che ritengono questa mossa una forzatura costituzionale.
Proprio per questo motivo alcuni Repubblicani della Camera, in questo momento, sarebbero propensi a votare in maniera contraria, affossando di fatto la proposta di impeachment. Qualora dovesse essere approvata la messa in stato d'accusa, in ogni caso, questa non avrebbe comunque alcuna chance di passare nel Senato controllato dai Democratici.
Il mercato del lavoro sta andando benissimo
A gennaio negli Stati Uniti sono stati creati 353 mila nuovi posti di lavoro rispetto al mese precedente e il tasso di disoccupazione è rimasto stabile al 3,7%, secondo i dati rilasciati dal Dipartimento del Lavoro. I salari sono aumentati crescendo del 4,5% rispetto a un anno fa battendo il tasso di inflazione.
Il mercato del lavoro statunitense rimane incredibilmente forte e sta andando sensibilmente meglio delle aspettative. Gli economisti intervistati dal Wall Street Journal avevano previsto solo 185.000 nuovi posti di lavoro a gennaio e che il tasso di disoccupazione sarebbe stato del 3,8%.
I settori dove sono stati creati pià posti di lavoro sono stati i servizi professionali e aziendali (+74 mila), l'assistenza sanitaria (+70 mila), il commercio al dettaglio (+45 mila), il settore pubblico (+36 mila) e il settore manifatturiero (+23 mila).
Le altre notizie della settimana
Il presidente Joe Biden, tramite un ordine esecutivo, ha autorizzato il Dipartimento di Stato e il Dipartimento del Tesoro a imporre sanzioni a quattro coloni israeliani accusati di attacchi contro palestinesi e israeliani in Cisgiordania.
Le persone sanzionate non potranno accedere ad alcuna proprietà negli Stati Uniti, non potranno ricevere visti ed effettuare transazioni economiche con i cittadini americani.
L’ex presidente americano Donald Trump, nel corso dell’ultima settimana, ha incontrato i leader del gruppo sindacale Teamsters, uno dei più potenti negli Stati Uniti, nel tentativo di ottenere il loro supporto in vista delle prossime elezioni. L’obiettivo è quello di soffiare almeno parte del voto delle associazioni dei lavoratori a Joe Biden.
Il prossimo 26 marzo la Corte Suprema ascolterà l'opinione delle parti su una causa che potrebbe limitare l'accesso alla pillola per l'aborto mifepristone, la più diffusa per eseguire tale pratica. I giudici esamineranno un appello presentato dall'amministrazione Biden e dalla casa produttrice in cui si richiede di annullare la decisione con cui un tribunale d'appello federale ha notevolmente ridotto l'accesso alla pillola, anche in stati in cui l'aborto rimane pienamente legale.
Nonostante la maggioranza conservatrice della Corte Suprema, quest'ultima ad aprile ha emanato una sentenza che ha mantenuto invariato l'accesso al mifepristone.
Il Dipartimento di Stato USA sta valutando opzioni per il riconoscimento di uno Stato palestinese indipendente anche in mancanza di un accordo finale con Israele. Non è detto che lo faccia, ma anche la sola ipotesi è un cambiamento di politica non da poco.
Questa iniziativa si basa sugli sforzi compiuti dall'Amministrazione Biden prima del 7 ottobre per negoziare un mega-accordo di collaborazione militare con l'Arabia Saudita che includa un accordo di pace tra il regno saudita e Israele.
Il senatore Joe Manchin ha dichiarato che sta "certamente" valutando la possibilità di candidarsi come presidente degli Stati Uniti da candidato indipendente. Secondo la CNN, il Democratico della West Virginia ha affermato che un problema di salute di Joe Biden o una condanna di Donald Trump potrebbero offrirgli l'opportunità.
In pubblico, durante i suoi viaggi negli Stati come New Hampshire, South Carolina e Georgia, Manchin sostiene di credere che ci sia spazio per lui come candidato nel mezzo, definendosi "fiscalmente responsabile e socialmente compassionevole", in una posizione paragonabile al ruolo che il senatore del Vermont Bernie Sanders gioca per la sinistra progressista.