Chi vincerà al Senato nel 2024?
Le sfide al Senato del 2024, la scelta del Congresso sugli aiuti all'Ucraina, le nuove accuse a Hunter Biden e le altre notizie della settimana.
Le sfide al Senato del 2024
Il prossimo anno sarà molto importante per il futuro della politica americana: non solo perché si terranno le elezioni che decideranno chi sarà il prossimo presidente degli Stati Uniti, ma anche perché sono in programma delle sfide cruciali per assegnare la maggioranza al Senato.
Attualmente, il Partito Democratico ha quarantotto membri, contro i quarantanove Repubblicani: i tre indipendenti (ovvero Bernie Sanders, Joe Manchin e Krysten Sinema) generalmente votano con i Dem, ragion per cui si può dire che Biden possa contare su cinquantuno senatori.
Come accade sempre per le leggi elettorali americane, ogni due anni si rinnoverà un terzo del Senato: in ballo ci saranno, dunque, trentatre dei cento seggi presenti nella Upper House. A questo si aggiunge una special election che si terrà in Nebraska, dove bisognerà sostituire il Repubblicano Ben Sasse, che si è dimesso lo scorso gennaio per diventare presidente dell’Università della Florida. Chi vincerà completerà il mandato del politico uscente, restando in carica fino al 2027.
Alcuni seggi sono considerati abbastanza sicuri, per l'uno o per l'altro partito. I Democratici dovrebbero vincere senza problemi in California, Connecticut, Delaware, Hawaii, Maryland, Massachusetts, Minnesota, New Mexico, New York, Rhode Island, Virginia e Washington, ed hanno buone possibilità anche in Wisconsin e New Jersey. I Repubblicani sono invece avanti in Indiana, Mississippi, Missouri, Nebraska (sia nella regular che nella special election), North Dakota, Tennessee, Utah, West Virginia e Wyoming.
Fra le sfide particolarmente combattute, rientra sicuramente l'Arizona. La senatrice uscente è Krysten Sinema, eletta nel 2018 con i Democratici, prima di lasciare il partito per dichiararsi Indipendente. Quest’ultima non ha ancora deciso se ricandidarsi o meno, ma ottenere la rielezione per lei sarà tutt’altro che facile. Tentare la corsa da Indipendente, infatti, la esporrebbe a notevoli difficoltà, mentre la sua opposizione a molte delle politiche volute da Biden la renderebbe vulnerabile in ipotetiche primarie di partito, in cui sfiderebbe un agguerrito Ruben Gallego.
Sono due, invece, i candidati principali del GOP: uno è lo sceriffo Mark Lamb, mentre l’altra è Kari Lake, reduce da una pesante sconfitta nella corsa per la carica di governatore tenuta lo scorso anno. Ci si aspetta una sfida combattuta anche in Ohio: sebbene lo stato sia scivolato sempre più verso destra negli ultimi anni, la popolarità del senatore uscente Sherrod Brown (alla ricerca del suo quarto mandato) rende gli esiti della contesa difficilmente prevedibili. A sfidarlo, nelle fila repubblicane, ci sono il politico Matt Dolan, il businessman Bernie Moreno e il segretario di stato locale Frank LaRose.
Una situazione simile c’è anche in Montana: l’uscente è il Democratico Jon Tester, che ha vinto di misura nel 2018 in uno stato saldamente Repubblicano. Particolarmente combattute saranno le sfide in Michigan, dove dovrebbero sfidarsi la deputata Elissa Slotkin (D) ed il capo di polizia locale James Craig (R), con la prima leggermente in vantaggio nei primissimi sondaggi commissionati. Discorso simile per il Nevada, dove il Democratico Jacky Rosen appare avanti, ed in Pennsylvania e Wisconsin: in entrambi gli stati ci si aspetta contese combattute, ma con gli uscenti Bob Casey Jr. e Tammy Baldwin favoriti.
La scelta del Congresso sugli aiuti all'Ucraina
Mercoledì 6 dicembre, in un solenne discorso, il presidente americano Joe Biden aveva dichiarato che l'assenza di nuovi aiuti all’Ucraina sarebbe “il regalo più grande” che potrebbe ricevere il presidente russo Vladimir Putin. Tuttavia, ciò non è bastato a convincere l'opposizione repubblicana al Congresso a stanziare oltre 106 miliardi di dollari (98 miliardi di euro) in aiuti militari per l'Ucraina e Israele. I politici repubblicani, sebbene molti sostengano ancora pubblicamente l’Ucraina, hanno vincolato il voto a favore a un chiaro inasprimento della politica migratoria americana.
Mercoledì, il presidente si è detto pronto a fare “compromessi significativi” sulla sua politica migratoria per ottenere il sostegno di entrambe le camere a Capitol Hill. Si tratta di un duro colpo per Joe Biden, che poche ore prima aveva dichiarato che se il presidente russo fosse riuscito a impadronirsi dell'Ucraina, “non si sarebbe fermato qui”. Il presidente statunitense ha chiaramente fatto capire che esiste la possibilità di un attacco russo contro un paese membro della NATO, il che scatenerebbe l'entrata in guerra degli Stati Uniti e quindi dei “soldati americani che combattono contro soldati russi".
Gli Stati Uniti sono attualmente il paese che fornisce il maggiore sostegno militare a Kiev. Il Congresso ha destinato più di 110 miliardi di dollari all'Ucraina da quando è iniziata l’invasione russa nel febbraio 2022. Tuttavia, la promessa di Joe Biden di continuare a sostenere finanziariamente l’Ucraina è seriamente in pericolo, uno scenario disastroso per Kiev, la cui controffensiva estiva non ha portato ai risultati sperati.
Il figlio di Biden sotto accusa
Hunter Biden, figlio del presidente Joe Biden, è stato formalmente incriminato dalla giustizia federale per la sua partecipazione a uno schema volto a evitare il pagamento di 1,4 milioni di dollari di tasse nel periodo 2016-2019. Secondo l'accusa, Hunter "ha condotto uno stile di vita stravagante, spendendo milioni di dollari invece di adempiere ai suoi obblighi fiscali". La lista delle spese comprende droga, "escort", automobili di lusso e abiti di alta moda.
Le nove accuse a suo carico spaziano dall'evasione fiscale alle false dichiarazioni. Hunter Biden è già sotto processo per il possesso illegale di armi, con la possibilità di affrontare due procedimenti giudiziari mentre suo padre cerca la rielezione alla Casa Bianca. Nel corso di questo processo, rischia una condanna fino a diciassette anni di carcere, oltre a un potenziale periodo di venticinque anni di reclusione per il reato di possesso illegale di arma.
Negli Stati Uniti, i problemi legali del figlio Biden sono seguiti attentamente dal Partito Repubblicano, che li utilizza per accusare il padre e l'intera famiglia Biden di corruzione. I repubblicani criticano in particolare il sistema giudiziario per presunte manovre volte a insabbiare le accuse contro Hunter Biden.
Le altre notizie della settimana
● L'ex presidente repubblicano della Camera dei rappresentanti, Kevin McCarthy, passato alla storia del Congresso come l'unico Speaker rimosso dal suo ruolo, ha annunciato mercoledì 6 dicembre che si dimetterà da deputato nelle prossime settimane.
“Ho deciso di lasciare la Camera alla fine di quest’anno per servire l’America in un altro modo. So che il mio lavoro è appena iniziato", ha scritto in un articolo di opinione sul Wall Street Journal in cui difende quanto fatto alla Camera. Le sue dimissioni ridurranno ulteriormente la già ristretta maggioranza repubblicana alla Camera dei Rappresentanti dopo l'espulsione di George Santos la scorsa settimana. Alla fine del suo mandato, inoltre, lascerà il Congresso anche Patrick McHenry, che è stato Speaker pro-tempore dopo la caduta dello stesso McCarthy.
● Mercoledì 6 dicembre, in Alabama, si è tenuto il quarto dibattito del Partito Repubblicano in vista delle primarie. Dei cinque candidati che potevano partecipare, c'erano solo Nikki Haley, Ron DeSantis, Vivek Ramaswamy e Chris Christie. Assente, come nei precedenti dibattiti, Donald Trump.
Gli elettori repubblicani, secondo un sondaggio di FiveThirtyEight, si aspettavano buone prestazioni da Haley e DeSantis, ma solo il 26% era abbastanza sicuro di guardare il dibattito. I media americani sono concordi sul fatto che la lotta sia utile solo a conquistare il secondo posto dietro a Trump. Gli attacchi sono stati rivolti soprattutto verso la Haley, lanciatissima nei sondaggi, è stata difesa da Christie.
Durante il dibattito si è parlato della guerra tra Israele e Hamas (dove Ramaswamy ha suggerito un maggior uso della forza da parte di Israele), di immigrazione (dove Haley non appoggia i piani di Trump di vietare l'accesso dai paesi a maggioranza musulmana), di assistenza sanitaria transgender (dove Christie ha detto che l'assistenza sanitaria per i minori che vogliono cambiare genere deve essere decisa dai genitori e non dal Governo).
● La Commissione sull’Istruzione della Camera dei Rappresentanti ha ascoltato le rettrici dell'Università di Harvard, dell'Università della Pennsylvania e del Massachusetts Institute of Technology per comprendere le azioni intraprese contro l'“antisemitismo endemico” nei rispettivi campus. L'udienza è stata dominata dalla deputata repubblicana Elise Stefanik, che ha equiparato le dichiarazioni di alcuni studenti a una “Intifada” e ha sollecitato le dimissioni di Claudine Gay, rettrice dell'Università di Harvard, la quale difendeva la libertà di espressione nel campus.
Stefanik ha interrogato più volte la signora Gay riguardo al fatto che dichiararsi "favorevoli al genocidio degli ebrei" violi "i codici di condotta di Harvard", ma la rettrice di Harvard ha rifiutato di rispondere, così come le sue colleghe Sally Kornbluth del MIT e Elizabeth Magill dell'Università della Pennsylvania. La Commissione ha considerato le risposte dei rettori universitari sull'"antisemitismo endemico” nei campus come “inaccettabili”.
● Una corte d'appello statunitense ha deciso che l'ex presidente Donald Trump non potrà parlare del processo sul suo presunto tentativo eversivo di ribaltare l'esito elettorale delle elezioni del 2020. Il processo federale contro l'ex presidente si aprirà il 4 marzo 2024. Il giudice Tanya Chutkan, che presiederà il procedimento, aveva vietato alle parti qualsiasi commento pubblico che avesse "preso di mira" pubblici ministeri, personale giudiziario e testimoni in questo caso. Tecnicamente si trattava di un "gag order".
Trump aveva fatto ricorso in tribunale contro questa decisione, e a inizio ottobre era stata sospesa in attesa di un giudizio finale; tre giudici della corte d'appello federale di Washington l'hanno confermata.