Chi è il nuovo Speaker della Camera dei Rappresentanti?
Nel nostro approfondimento settimanale andiamo ad analizzare la figura che guiderà la Camera nei prossimi anni e quali potranno essere le conseguenze della sua nomina
Chi è il nuovo Speaker della Camera
Nel corso degli ultimi numeri abbiamo parlato a lungo del caos interno al Partito Repubblicano, con la rimozione di Kevin McCarthy dalla carica di Speaker della Camera voluta dalla minoranza interna e dei tanti tentativi di nominare un successore andati a vuoto. Questa settimana, che si è aperta con l’affossamento della candidatura di Tom Emmer, è quella che ha portato alla risoluzione di una crisi durata 22 giorni: con 220 voti a favore e 209 contrari, Mike Johnson è stato infatti eletto alla guida del secondo ramo del Congresso.
Il sostegno alla sua candidatura è stato unanime tra le fila di un GOP che nel momento più difficile degli ultimi anni ha ritrovato l’unità, coalizzandosi dietro un nome poco noto ma ritenuto accettabile dalle varie anime repubblicane. Ma chi è Mike Johnson e qual è stato il percorso politico che l’ha portato alla guida della Camera dei Rappresentanti? Avvocato classe 1972 proveniente dalla Louisiana, è stato eletto al Congresso nel 2016, venendo riconfermato senza grosse difficoltà in tutte le tornate successive. In questo lasso di tempo, però, non ha mai presieduto commissioni prestigiose o ricoperto incarichi importanti all’interno del Partito, fattore abbastanza insolito per chi sale a ricoprire la carica di Speaker.
Dal punto di vista politico, Johnson ha sempre difeso quelli che sono i valori cristiani. Per questo è un fermo oppositore del diritto d’aborto: nel 2022, dopo la decisione con cui la Corte Suprema ha rovesciato la sentenza Roe vs. Wade, il nuovo Speaker twittò: “Porteremo il numero degli aborti a zero!”. In virtù del suo credo religioso, è sempre stato anche un fermo oppositore dei diritti LGBTQ, ed in passato ha definito l’omosessualità come qualcosa che può aprire la strada alla pedofilia.
Nelle analisi delle varie testate americane che hanno tracciato un profilo del nuovo Speaker, uno degli aspetti che è venuto fuori con maggiore frequenza è quello relativo al ruolo avuto nelle denunce di brogli elettorali dopo le presidenziali del 2020. Johnson è uno dei 147 Repubblicani che hanno votato contro la certificazione dei risultati ed ha sostenuto una causa per rovesciare la vittoria di Biden, subito bocciata dalla Corte Suprema. “Quello che vedo è un sacco di caos e confusione in tutto il paese, questo porta un grande punto interrogativo sopra queste elezioni”, aveva dichiarato in un'intervista rilasciata al The New Yorker nel 2020. “Ho visto un nuovo sondaggio: una gran parte del Paese dubita delle elezioni e pensa che siano state rubate a Donald Trump. Il 36% degli elettori registrati in America ritiene che le elezioni siano state rubate. Questo è un problema. Che siano state rubate o meno, il fatto che una fetta così ampia del Paese ne sia convinta è qualcosa che non dovrebbe farci dormire la notte”.
Oltre a queste posizioni, vista la sua poca esperienza al Congresso e il ruolo di secondo piano che ha avuto in questi anni, non è semplice ricostruire quelle che sono le sue posizioni politiche. Il suo voting records lo classifica come un candidato pienamente conservatore: l’American Conservative Union, un'organizzazione che classifica i politici in base al loro conservatorismo, ha dichiarato Johnson affine al 90% con le proprie idee.
Il nuovo Speaker è sempre stato inoltre abbastanza vicino alla difesa dei diritti delle persone di colore: parlando nelle interviste ha più volte dichiarato di essere consapevole del fatto che suo figlio (che rientra appunto in quel gruppo sociale) avrà maggiori difficoltà nella vita. Ha inoltre twittato in più occasioni a favore delle proteste scoppiate nel 2020 dopo l'uccisione di George Floyd.
Cosa significa questa elezione?
Sebbene l’estrema destra del Partito Repubblicano non sia riuscita ad eleggere quello che era il loro candidato di riferimento, ovvero Jim Jordan, ne esce comunque come la fazione vincitrice della lunga contesa politica di questi giorni. A sottolinearlo è stato il New York Times, che ha evidenziato l’entusiasmo degli ultraconservatori per questa nomina, segnale evidente del peso che il gruppo ha assunto all’interno del Congresso. Sebbene Johnson non sia un membro del Freedom Caucus (il gruppo che raccoglie gran parte dei membri più estremisti del GOP), infatti, ne condivide gran parte delle posizioni politiche.
Proprio questa situazione, però, pone diversi interrogativi su quale potrà essere il futuro del Congresso, soprattutto nelle prossime settimane, quando bisognerà trovare un accordo bipartisan che possa servire ad evitare un nuovo shutdown. Poco tempo fa, Kevin McCarthy, per non arrivare a quel punto, aveva scelto la strada dell’intesa con il Partito Democratico, pagata però a caro prezzo, ovvero con la rimozione dalla carica di leader voluta dalla minoranza interna. Inevitabile, dunque, che Johnson debba concedere qualcosa ai duri e puri, disposti ad arrivare oltre la deadline pur di ottenere una drastica riduzione della spesa pubblica.
Come sottolineato da POLITICO, inoltre, l’elezione di Johnson ha ridato entusiasmo a quella fazione del Partito Repubblicano che da mesi sta provando ad aprire un processo di impeachment nei confronti del presidente americano Joe Biden. Kevin McCarthy, da questo punto di vista, non aveva mai dato grossi segni d’apertura, mentre la speranza della minoranza interna è che ora ci possa essere un terreno più favorevole per agire in tal senso. Il nuovo Speaker deve però muoversi fra due fuochi: se da un lato gli ultraconservatori vorrebbero una politica più aggressiva, dall’altro c’è il fronte dei moderati e di quei deputati che provengono da distretti non saldamente Repubblicani, che per ottenere la riconferma dovranno essere in grado di strappare anche voti da elettori Indipendenti o Democratici.
Proteggerli rappresenta una priorità essenziale per il nuovo Speaker: se i più conservatori vengono da stati in cui gli elettori sono in larga maggioranza Repubblicani e potrebbero essere anche elettoralmente favoriti da una linea più aggressiva, quest’ultima renderebbe più difficile la rielezione dei moderati già nominati, fattore che porterebbe il GOP a perdere la maggioranza alla Camera nelle elezioni in programma a novembre 2024. Johnson in passato ha aperto alla possibilità di rimuovere Biden dal suo incarico (cosa in ogni caso impossibile, visto che mancano i numeri al Senato per farlo), ma proprio i deputati più centristi hanno chiesto di non muoversi in tal senso finché non si avranno prove concrete di eventuali crimini commessi da Biden.
Tutte queste considerazioni portano all’ultima conseguenza di queste settimane turbolente: guidare il Partito Repubblicano è tutt’altro che facile. Le divisioni interne sono ampie e le fratture politiche profonde, tutti fattori che potrebbero portare presto ad un riacutizzarsi della crisi. Il New York Times, in una sua analisi, ha evidenziato come tutti gli ultimi Speaker del GOP abbiano dovuto fare i conti con queste turbolenze interne, e la poca notorietà di Johnson lo rende ancora più esposto a questi pericoli. “Abbiamo una lunga storia nel rimuovere i leader”, ha detto infatti Mike Garcia, “ci serve un miglioramento culturale da questo punto di vista”.
Le altre notizie della settimana:
Il Presidente Biden sta segnalando per la prima volta quale potrebbe essere il suo piano per il giorno dopo la fine della guerra a Gaza: una nuova fase di colloqui di pace in Medio Oriente su una "soluzione a due Stati". L'idea, stando a quanto riportato da Axios, sarebbe quella di uno Stato di Israele che coesisterebbe con uno palestinese.
Durante una telefonata con il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu, Biden ha sottolineato l'importanza di un percorso di pace permanente per israeliani e palestinesi dopo questa crisi, sottolineando come Hamas non rappresenti il popolo palestinese né le sue legittime aspirazioni a uno Stato proprio.
Il deputato Dean Phillips ha presentato i documenti per candidarsi alle primarie democratiche contro Biden, in quella che rappresenta la più credibile sfida interna al partito all’inquilino della Casa Bianca. Phillips è stato per più di un anno una voce solitaria nei Dem, dichiarandosi contrario alla ricandidatura del presidente in virtù della sua età e della volontà degli elettori di avere una alternativa.
Philipps, che ha 52 anni, ha dichiarato che lui non intende correre con una piattaforma politica contraria al presidente Biden, ma ha sottolineato come serva un passaggio della torcia. Va ricordato, comunque, come il candidato non potrà partecipare alle primarie in Nevada, in quanto sono scaduti i termini per presentare la domanda.
Gli Stati Uniti hanno lanciato una serie di attacchi aerei contro alcune basi di armi e munizioni in Libia. Il portavoce della Casa Bianca per quanto riguarda la sicurezza nazionale, ovvero John Kirby, ha detto che questa mossa è stata fatta in virtù del principio di autodifesa.
Secondo il Segretario alla Difesa Lloyd Austin queste operazioni sono state una risposta agli attacchi (non riusciti) fatti nei giorni scorsi nei confronti di personale americano di base in Iraq e Siria da parte di milizie finanziate dall’Iran.
Almeno ventidue persone sono state uccise in una strage nel Maine, nel nord-est degli Stati Uniti. Il killer era il quarantenne Robert Card, che dopo una fuga durata diverse ore ha scelto di togliersi la vita. Gli attacchi armati sono avvenuti in almeno due diversi punti: una pista da bowling e un ristorante. Un ulteriore omicidio è stato registrato nel centro logistico di un supermercato Walmart.
Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, è stato informato degli eventi e ha discusso con diversi funzionari eletti del Maine, tra cui il governatore Janet Mills, offrendo tutto il sostegno federale necessario.
L'ex vicepresidente Mike Pence ha a sorpresa annunciato il suo ritiro dalla corsa presidenziale del Partito Repubblicano per il 2024. Nel corso di un discorso a Las Vegas, ha enfatizzato la necessità per il GOP di ritornare ai principi conservatori e di resistere alla tentazione del populismo.
Questo annuncio ha colto tutti di sorpresa, specialmente perché Pence aveva inizialmente ricevuto un caloroso benvenuto e una standing ovation da parte dei 1.500 partecipanti all'evento. Durante il suo discorso, ha inizialmente espresso il suo forte sostegno alle operazioni militari di Israele a Gaza, ma successivamente ha comunicato la sua decisione di ritirarsi dalla corsa presidenziale dopo approfondite riflessioni e preghiere.