Il dibattito Trump-Biden
Nella notte tra giovedì e venerdì, la CNN ha ospitato l'atteso dibattito tra il presidente in carica Joe Biden e Donald Trump, in un evento che ha messo in luce le profonde divergenze tra i due candidati su praticamente ogni tema affrontato. Gli argomenti dominanti sono stati soprattutto quelli economici: Trump ha lanciato un'offensiva contro l'amministrazione Biden, accusandola di aver "devastato il paese" e compromesso la ripresa post-pandemia. L'attuale inquilino della Casa Bianca, dal canto suo, ha respinto fermamente queste accuse, evidenziando invece i progressi compiuti durante il suo mandato, come la creazione di nuovi posti di lavoro e il contenimento dell'inflazione.
Trump ha inoltre collegato la questione immigrazione a varie problematiche economiche e sociali, sostenendo che Biden abbia permesso l'ingresso di un numero senza precedenti di migranti irregolari. Il presidente in carica ha difeso le proprie politiche, sottolineando la necessità di un approccio al contempo umano e controllato. Il tema dell'aborto, invece, ha visto Biden criticare aspramente Trump per il suo ruolo nel rovesciamento della sentenza Roe v. Wade, mentre l'ex presidente ha evitato di assumere una posizione netta, affermando che la questione è ora di competenza dei singoli Stati.
Riguardo alla guerra in Ucraina, Trump ha dichiarato che, se eletto, la risolverebbe rapidamente, con Biden che, dal canto suo, ha accusato il suo avversario di voler indebolire la NATO. Un momento cruciale è stato quando a Trump è stato chiesto se accetterebbe i risultati delle elezioni. Dopo alcune esitazioni, ha affermato che lo farebbe se l'elezione fosse "equa e giusta", una risposta che ha alimentato i timori sulla sua disponibilità ad accettare una potenziale sconfitta.
Sin dall'inizio, in ogni caso, il dibattito è stato caratterizzato da un'atmosfera caotica. Sia Trump che Biden spesso evitavano di soffermarsi direttamente alle domande poste, deviando su altri argomenti. I moderatori della CNN raramente sono intervenuti per esigere risposte pertinenti e, nella seconda metà dell'evento, queste sono state frequentemente slegate dalle domande, soprattutto nel caso di Trump.
Biden è apparso particolarmente in difficoltà durante il dibattito. Afflitto da un raffreddore, la sua voce era notevolmente rauca. Ha mostrato momenti di esitazione e confusione, commettendo errori e talvolta perdendo il filo del discorso. Le aspettative nei suoi confronti erano già basse, ma la sua performance ha accentuato i dubbi preesistenti sulla sua età e vitalità. Trump, al contrario, si è mostrato energico e combattivo (pur ricorrendo a frequenti falsità), apparendo nettamente più lucido di Biden nonostante la differenza d'età tra i due sia di soli quattro anni.
Reazioni e conseguenze
Immediatamente dopo il dibattito, il panel della CNN ha iniziato a criticare duramente Biden, suggerendo che non dovrebbe più candidarsi alle elezioni. I media hanno prontamente riportato opinioni anonime di membri del Partito Democratico, esprimendo preoccupazione per le prospettive di novembre.
L'analista politico della CNN John King ha parlato di un "panico aggressivo e diffuso" nel Partito Democratico, evidenziando l'urgenza di discussioni sulla performance "disastrosa" di Biden. David Axelrod, ex stratega di Obama, ha descritto un senso di "shock" per la prova dep presidente all'inizio del dibattito, definendolo "un po' disorientato". Van Jones della CNN ha sostenuto che Biden "non è riuscito affatto" nel suo compito di rassicurare il Paese e la base democratica, suggerendo che molti nel partito potrebbero ora desiderare un suo ritiro.
Non è un caso che, tra giovedì e venerdì, la stampa abbia iniziato a discutere diffusamente della necessità di sostituire Joe Biden come candidato. In particolare, testate come The Atlantic e il New York Times hanno spinto in questa direzione. Sul quotidiano newyorkese sono apparsi numerosi editoriali che chiedevano un passo indietro, culminati con un articolo del comitato editoriale dal titolo: "To Serve His Country, President Biden Should Leave the Race".
Nonostante le critiche, diversi esponenti di spicco dei Democratici si sono schierati a sostegno di Biden. Barack Obama ha commentato che "i brutti dibattiti possono succedere, ma queste elezioni rappresentano ancora una scelta tra qualcuno che ha combattuto per la gente comune per tutta la vita e qualcuno che si preoccupa solo di se stesso". Bill Clinton ha elogiato la leadership di Biden, sottolineando i suoi successi in termini di creazione di posti di lavoro, lotta al cambiamento climatico e riduzione dell'inflazione. Anche Hillary Clinton, il leader dei Democratici alla Camera Hakeem Jeffries, l'ex presidente della Camera Nancy Pelosi e l'influente deputato della South Carolina Jim Clyburn hanno espresso pubblicamente il loro sostegno.
Biden stesso ha chiarito di non avere intenzione di ritirarsi. Durante un comizio in North Carolina ha dichiarato: "So di non essere giovane. Non mi muovo, parlo, dibatto come facevo prima, ma so come dire la verità, so cos'è giusto e cos'è sbagliato e so come fare questo lavoro. So come portare a termine le cose. E so, come sanno milioni di americani, che quando vieni abbattuto ti rialzi".
Biden può davvero ritirarsi?
Se queste sono state le prime reazioni a caldo, resta comunque l’interrogativo: Biden può davvero ritirarsi? Nonostante il pressing operato più volte dai media in questi giorni, si tratta di uno scenario non semplice da realizzare (e, al momento, neanche così probabile). Nel contesto politico moderno, un partito nazionale importante non ha mai tentato di sostituire un candidato in corsa e, attualmente, non c'è neanche un piano concreto per operare in questo senso, anche che le regole del Democratic National Committee contengono alcune norme che, in teoria, potrebbero permettere di rimpiazzare l'attuale presidente.
La nomina ufficiale del partito avverrà alla Convenzione Nazionale Democratica in programma a Chicago dal 19 al 22 agosto. Un candidato deve ottenere il sostegno della maggioranza dei delegati, assegnati proporzionalmente in base ai risultati delle primarie di ogni stato. Quest'anno, Biden ha vinto quasi il 99% dei quasi 4.000 delegati, che secondo le regole del DNC sono "impegnati" a sostenere il presidente in carica, ma che potrebbero ritenersi liberi di scegliere una figura diversa qualora costui dovesse decidere di ritirarsi volontariamente.
Ma in quel caso, chi potrebbe prendere il suo posto? Il profilo più naturale sarebbe quello della vice-presidente Kamala Harris (che, in ogni caso, sostituirebbe Biden qualora non dovesse essere più in grado di esercitare il suo mandato dopo le elezioni, in caso di vittoria), anche se contro di lei gioca il fattore della sua impopolarità. Un altro nome da tenere in considerazione è quello del governatore della California Gavin Newsom, che nei mesi scorsi ha parlato della possibilità di tentare la corsa presidenziale nel 2028: il limite politico, come sottolinea il New York Times, è che sarebbe facilmente attaccabile per alcune questioni che non è riuscito a gestire facilmente nel suo stato, come la gestione dell’emergenza senzatetto o gli alti costi delle tasse o delle case.
Un'altra possibile candidata è la governatrice del Michigan Gretchen Whitmer, che ha dalla sua i successi elettorali ottenuti nel suo stato e la possibilità di portare un buon risultato nel Midwest, essenziale per permettere al Partito Democratico di vincere le elezioni. Fra i papabili figura anche il governatore dell'Illinois JB Pritzker, miliardario che si è distinto per i suoi attacchi taglienti contro Donald Trump, definito un criminale, razzista, omofobo e truffatore dopo la sua condanna a New York. La sua veemenza e la sua campagna a favore di Biden nel Midwest gli hanno portato molti consensi. Con un patrimonio stimato di 3,5 miliardi di dollari, Pritzker attualmente il politico più ricco d'America e ha speso 350 milioni di dollari nelle sue due campagne da governatore.
Un altro candidato possibile è il governatore della Pennsylvania Josh Shapiro, noto per il suo approccio bipartisan e il focus su questioni non ideologiche. Shapiro ha vinto le elezioni governative del 2022 con il 56% dei voti e ha un tasso di approvazione del 64%. La sua fede ebraica e il suo supporto per Israele lo rendono una figura chiave in uno stato cruciale per qualsiasi sfidante democratico contro Trump. Tra gli altri possibili candidati vi sono il Segretario dei Trasporti Pete Buttigieg e i senatori Cory Booker e Amy Klobuchar, tutti già noti agli elettori democratici, così come il governatore del Kentucky Andy Beshear.
Un deputato democratico, parlando in forma anonima alla CNN, ha rivelato come siano in molti, all'interno del partito, a discutere privatamente sulla possibilità di convincere Biden a ritirarsi, ma non è chiaro chi dovrebbe essere a formulare esplicitamente nei confronti del presidente. Una cosa è però certa: non ci sarà nessuna pressione pubblica e nessun colpo di mano all'interno del partito, e qualsiasi decisione in tal senso potrà avvenire soltanto per una scelta personale dell’inquilino della Casa Bianca dopo un colloquio con le persone a lui vicine. Nei prossimi giorni, in ogni caso, Biden parlerà con la sua famiglia per discutere di una eventuale scelta in questa direzione.
Non è comunque detto che una decisione in tal senso sia elettoralmente vincente: cambiare candidato in corsa, ormai a ridosso della Convention, rappresenta un rischio non di poco conto che potrebbe minare in maniera concreta l'immagine del Partito.
Le altre notizie della settimana
● La Corte Suprema ha emesso due sentenze importanti che hanno suscitato reazioni contrastanti. La prima riguarda un caso relativo all’assalto al Congresso avvenuto il 6 gennaio 2021. La Corte ha stabilito che una legge ostruttiva usata per perseguire numerosi manifestanti è stata applicata in modo improprio.
La seconda sentenza ha rovesciato la "Chevron Doctrine", limitando l'autorità delle agenzie federali nell’interpretare leggi ambigue. Tale cambiamento potrebbe influenzare regolamenti su sostanze tossiche, cambiamenti climatici e molto altro.
● Jamaal Bowman (D-N.Y.) è diventato il primo Democratico uscente a perdere le primarie per il suo seggio alla Camera dei Rappresentanti, essendo stato superato di circa quindici punti da George Latimer. Il partito si è diviso fra moderati e progressisti, con l'AIPAC (American Israel Public Affairs Committee) e altri gruppi esterni che hanno speso quasi 20 milioni di dollari per sconfiggere Bowman, rendendo questa sfida la più costosa nella storia della Camera.
La prossima deputata progressista a rischio è ora Cori Bush (D-Mo.). I sondaggi indicano una situazione di assoluta parità con lo sfidante Wesley Bell.
● Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha annunciato l'intenzione di concedere la grazia agli ex militari condannati per omosessualità in base all'articolo 125 del codice di giustizia militare, in vigore dal 1951 al 2013. Questa mossa, definita dal presidente come un modo per "correggere un torto storico", potrebbe interessare migliaia di persone che hanno subito condanne o espulsioni dall'esercito a causa del loro orientamento sessuale o identità di genere.
L'iniziativa si inserisce nel contesto della campagna elettorale per le presidenziali di novembre, con Biden che si mostra favorevole all'estensione dei diritti per la comunità LGBTQIA+. Il presidente ha sottolineato come, nonostante il loro coraggio e sacrificio, molti militari siano stati esclusi dalle forze armate e abbiano dovuto portare il peso di questa ingiustizia per decenni.
● A Washington cresce la tensione in vista della decisione della Corte Suprema sull'immunità di Donald Trump, che dovrà essere decisa la prossima settimana e che rappresenta un passo importante nelle vicende giudiziarie che riguardano il candidato alla Casa Bianca.
Qualche giorno fa, inoltre, la stessa Corte Suprema respinto una mozione contro i contatti che l'amministrazione Biden ha avuto con le aziende di social media per bloccare la disinformazione online, dichiarando che i procuratori generali Repubblicani non avevano la legittimazione per portare il caso davanti alla massima istituzione giudiziaria del paese, nonostante fossero state sollevate perplessità sulla possibilità di controllo dell’informazione da parte del governo.
● Nella giornata di martedì, un giudice dello stato di New York ha parzialmente revocato il gag order imposto su Trump durante il processo per il caso dei pagamenti segreti fatti nei confronti della pornostar Stormy Daniels, che gli impediva di parlare pubblicamente della vicenda.