Il voto anticipato può dirci chi è in vantaggio nelle elezioni?
Nel nostro approfondimento settimanale facciamo un'analisi dettagliata di come sta andando il voto anticipato nei singoli stati, per capire se può darci una indicazione su chi è in vantaggio nelle ele
Come sta andando il voto anticipato
A 10 giorni dalle elezioni presidenziali 2024, in tutti gli stati è ormai iniziato e in corso il periodo di voto anticipato, la finestra in cui gli elettori possono esprimere in anticipo la propria preferenza. La maggior parte degli stati permette di esprimere il voto via posta (Mail Ballot) e in presenza (In Person Early Voting), oppure con solo una delle due modalità.
Durante il periodo di voto anticipato si può arrivare a raggiungere una percentuale ragguardevole dell’affluenza finale, a seconda degli stati. Nella Sun Belt, di norma, la grande maggioranza degli elettori esprime il proprio voto prima dell’Election Day, mentre nella Rust Belt il giorno del voto rimane ancora l’opzione privilegiata.
Immagine della CBS con le modalità di voto anticipato
Considerando che negli USA esiste la registrazione al voto per partito, l’Early Voting permette di capire quanti elettori di ogni partito stiano votando, dandoci indicazioni sull’entusiasmo dei vari elettorati. Analizzando questi dati, non sappiamo quanti voti per Trump o Harris siano stati espressi, ma sapppiamo quanti repubblicani o democratici stanno votando, consentendoci di capire a grandi linee chi possa avere un vantaggio, soprattutto facendo un confronto con i dati del passato.
Andiamo a vedere come sta procedendo il voto anticipato negli stati in bilico.
Georgia
In Georgia non esiste la registrazione al voto per partito, ma è uno stato talmente polarizzato etnicamente che, di norma, la composizione dell’elettorato dà buone indicazioni su chi possa essere favorito.
La popolazione afroamericana costituisce circa il 30% degli elettori registrati dello stato e vota per i candidati democratici con percentuali vicine al 90%, mentre la popolazione bianca rappresenta poco più della metà dell’elettorato e di solito vota per i repubblicani con cifre intorno al 70%. Considerando quanto siano fondamentali gli afroamericani per costruire le vittorie dei democratici in Georgia, basta che il loro peso complessivo aumenti o diminuisca di qualche punto per poter cambiare radicalmente la partita.
Quest’anno i neri non sembrano essere particolarmente motivati. Con i dati di sabato 26 ottobre, costituiscono il 26.1% del corpo elettorale che ha votato finora, a 10 giorni dall’Election Day, contro il 59.7% dei bianchi. Al momento persiste un gap di 11 punti di affluenza, con circa il 44% dei bianchi che hanno già espresso il proprio voto, contro il 33% dei neri.
Rebus sic stantibus, appare difficile pensare che gli elettori afroamericani possano raggiungere il 27.7% di peso complessivo che avevano alla fine dell’Early Voting nel 2020. Servirà una maggiore affluenza all’Election Day per far sì che questo gap possa essere colmato. Altrimenti per Kamala Harris diventa complicato pensare di poter vincere in questo stato.
L’affluenza complessiva ha raggiunto i 2.8 milioni di votanti, superando addirittura in valori assoluti quella del 2020 nel giorno corrispondente. Più della metà dei voti finali attesi sono già stati espressi, rendendo la Georgia lo stato più avanti nel voto in tutti gli USA.
North Carolina
In North Carolina esiste la registrazione al voto per partito, con i democratici che sono storicamente più numerosi. Nel 2020 c’era stato un boom di voti via posta, con 1 milione di voti espressi. Quest’anno i voti via posta richiesti sono meno della metà, 430.000, e questo porta chiaramente a un aumento del voto in presenza.
Fino a venerdì, i registrati repubblicani che hanno votato complessivamente sono 893.405, contro 861.330 democratici e 837.953 indipendenti. Un elettorato diviso quasi perfettamente in tre, ma questa è una grande anomalia rispetto al passato: mai i repubblicani hanno votato anticipatamente più dei democratici in North Carolina. Nel 2020, i democratici a 11 giorni dalle elezioni avevano portato al voto 1.206.995 elettori, contro gli 879.222 dei repubblicani e gli 870.355 dei non affiliati.
Questo vuol dire che i repubblicani e gli indipendenti sono riusciti a mantenere, a grandi linee, gli stessi numeri del 2020 nello stesso periodo di confronto, mentre per i democratici si registra un calo del 30%, pari a quasi 350.000 elettori in meno. Si tratta perlopiù di elettori che avevano votato via posta nel 2020 e che quest’anno, per il momento, non si stanno palesando. Potrebbero scegliere di votare all’Election Day o nel corso della prossima settimana, ma è un chiaro segno di un minor coinvolgimento ed entusiasmo da parte degli elettori democratici. È inoltre molto rischioso un calo così marcato dei numeri nel voto anticipato, perché con ogni probabilità molti di questi voti andranno persi del tutto e non recuperati in seguito: il voto via posta è una tipologia di voto che permette di raggiungere un elettorato meno motivato, meno propenso al voto, che vota solo perché ha ricevuto la scheda a casa senza doversi recare fisicamente al seggio. Questo calo dei democratici, se non compensato adeguatamente nei prossimi giorni, rischia di essere un grande vulnus in uno stato già vinto da Trump nel 2020. Al momento hanno votato 2.6 milioni di elettori, quasi la metà rispetto ai 5.5 milioni finali (comprensivi dell’Election Day) del 2020.
Nevada
Il Nevada è lo stato in cui, storicamente, il voto anticipato ha sempre dato le indicazioni più accurate nella previsione del risultato finale. È uno stato piccolo, con registrazione per partito e in cui la maggior parte dei voti viene espressa in anticipo (via posta o in presenza).
In Nevada i democratici tradizionalmente accumulano un grande vantaggio nel voto anticipato, il cosiddetto “firewall”, cioè il numero di votanti di vantaggio che viene accumulato giorno dopo giorno rispetto agli elettori repubblicani. Il “firewall” dei democratici deriva interamente dal vantaggio che il partito riesce a raggiungere nella contea di Clark (Las Vegas), che rappresenta i 3/4 degli abitanti dello stato.
Nel 2020 i democratici, a 10 giorni dal voto, avevano un “firewall” di 70.000 elettori registrati a Clark, che scendeva a 40.000 circa una volta aggiunte le contee rurali e la contea di Washoe (Reno). Quest’anno in Nevada si sta assistendo al maggior stravolgimento rispetto al 2020. Non solo i democratici non hanno alcun “firewall”, ma lo hanno addirittura ceduto agli avversari.
I repubblicani a sabato avevano all’incirca un vantaggio di 30.000 votanti in tutto lo stato, una situazione inedita e mai accaduta in precedenza. Questo è frutto del collasso dei democratici nelle registrazioni al voto (mantengono attualmente un vantaggio di 11.000 registrati a fronte degli 80.000 di quattro anni fa) e nel “firewall” della contea di Clark, fermo ad appena 6.000 circa.
È una situazione talmente diversa rispetto al passato che viene difficile fare previsioni. Anche il Nevada ha avuto un evidente spostamento culturale a destra negli ultimi anni e questo si riflette nei numeri del voto. I democratici necessitano di migliorare i propri numeri nei prossimi giorni e all’Election Day, ma necessiteranno anche di un grosso supporto da parte dell’elettorato indipendente per poter pensare di vincere. L’entusiasmo e il momentum sembrano essere tutti dalla parte del GOP. Finora hanno votato 600.000 persone circa, rispetto agli 1.3/1.4 milioni finali che gli analisti si attendono in questo stato.
Florida
Seppur non sia più considerato come uno swing state, la Florida continua ad essere uno stato che attira attenzione e in cui si registra in maniera piuttosto netta il cambiamento d’opinione e lo spostamento dell’elettorato.
In Florida, ormai, non sembra esserci partita. I repubblicani negli ultimi quattro anni hanno surclassato i democratici nelle registrazioni al voto (passando da -100.000 a oltre 1 milione di vantaggio) e li stanno surclassando anche nel voto anticipato, senza alcun indugio e possibilità di errore. Con i dati aggiornati a sabato sera, gli elettori registrati repubblicani votanti sono 1.935.815, pari al 45%, rispetto agli 1.470.433 (34.2%) dei democratici e agli 894.503 (20.8%) degli indipendenti.
I repubblicani hanno già oltre 10 punti di vantaggio complessivi nell’affluenza e sono avanti in quasi tutte le contee dello stato, comprese Miami-Dade (+4.3), Pinellas (+3.4), Hillsborough (Tampa, +2) e Duval (Jacksonville, +3.5). I democratici resistono solo a Orlando, a Broward e a Palm Beach.
Il voto anticipato da qui in avanti sarà sempre più repubblicano, così come l’Election Day, il che potrebbe portare a una vittoria di Trump in doppia cifra anche abbondante. I 4.3 milioni di voti espressi fin qui sono quasi il 40% rispetto agli 11 milioni finali del 2020.
Arizona
L’Arizona è l’unico grande stato, tra quelli swing, che conduce le proprie elezioni quasi interamente via posta. La lista degli elettori che hanno diritto al voto postale comprende la stragrande maggioranza degli elettori, a cui viene recapitata a casa la scheda, che può essere inviata via posta o depositata in appositi Drop Box. Prima dell’Election Day possono essere espressi anche oltre i 3/4 del voto complessivo.
Anche qui nel 2020 i democratici erano partiti forte, con 649.520 votanti a dieci giorni dall’Election Day. I repubblicani inseguivano con 539.205 e gli indipendenti con 364.395. Quest’anno, a 10 giorni dal voto, la situazione si è ribaltata, con i repubblicani che sono passati avanti e sono in linea con il dato del 2020: 530.604 elettori registrati votanti. Cospicuo il calo dei democratici (443.598) e degli indipendenti (289.921).
Il miglioramento dei repubblicani nel voto anticipato riflette anche il miglioramento nelle registrazioni al voto: negli ultimi quattro anni il vantaggio sui democratici è passato da 130.000 a 294.000, un record storico per l’Arizona. Lo stato sembra essersi spostato molto a destra in questi anni, e la maggior platea a disposizione dei repubblicani permette chiaramente di avere un ambiente molto più favorevole a Trump.
Il vantaggio dei repubblicani, attualmente di 87.000 votanti, andrà ad ampliarsi col passare dei giorni e i democratici avranno bisogno di un forte consenso tra gli elettori indipendenti per riuscire a portare a casa la partita. Finora hanno votato 1.260.000 elettori, ben oltre 1/3 dei voti finali che ci attendiamo da questo stato.
Pennsylvania
La Pennsylvania è l’unico stato, tra quelli in bilico del midwest, in cui esiste la registrazione al voto partitica.
A dispetto della Sun Belt, come in tutti gli stati del midwest, il voto anticipato è meno diffuso e limitato al voto via posta, sebbene esista la possibilità di presentarsi nell’ufficio elettorale della propria contea per richiedere una scheda e votarla in presenza. La stragrande maggioranza dei voti viene comunque espressa all’Election Day, rendendo l’Early Voting solo un assaggio del totale.
Il voto anticipato è storicamente appannaggio dei democratici, che votano in maniera molto più numerosa rispetto agli elettori repubblicani.
Nel 2020 sono stati espressi in anticipo 2.648.062 voti (sui 6.915.283 complessivi), così suddivisi:
• 64.9% da parte degli elettori democratici
• 23.4% da parte degli elettori repubblicani
• 11.7% da parte degli elettori indipendenti
Nel 2022 le percentuali arrivavano a toccare il 68.9% per i democratici, con il 21.2% per i repubblicani e il 9.9% per gli indipendenti.
I democratici, quindi, nelle ultime tornate elettorali viaggiavano con un vantaggio tra i 41 e i 48 punti nei voti anticipati espressi.
Quest’anno i democratici continuano a mantenere un cospicuo vantaggio, ma le proporzioni sono molto differenti.
Nelle richieste di voto postale i democratici sono avanti 56.5% - 31.1% sui repubblicani, un distacco di 25 punti. Nei voti finora espressi i democratici conducono 59.4% - 30.4%, un margine di 29 punti.
Dopo una partenza a rilento e sul solco del passato, nelle ultime settimane i repubblicani hanno costantemente superato ogni giorno i democratici nelle richieste giornaliere di voto postale, segno di un crescente entusiasmo dell’elettorato GOP per questa tipologia di voto. Anche nelle registrazioni al voto il partito repubblicano ha dominato le ultime settimane.
Certo è che una parte dell’elettorato repubblicano ha preso confidenza con il voto postale ed è passata a questa tipologia di voto, ed è una cosa positiva per il partito che negli anni passati aveva subito pesanti sconfitte a causa degli enormi svantaggi accumulati in questa parte del voto. Il voto anticipato complessivo rimane comunque fortemente democratico e la platea dei repubblicani per l’Election Day si riduce, il che rende molto complicato fare un pronostico. I voti espressi sono appena 1.3 milioni, con 2 milioni di richieste.
Michigan e Wisconsin
In Michigan e in Wisconsin, al contrario della Pennsylvania, non esiste la registrazione al voto partitica, e il voto anticipato costituisce sempre una fetta non troppo larga dell’elettorato finale atteso.
Questo non ci permette di fare dei veri e propri confronti con il passato o delle considerazioni dettagliate sull’entusiasmo al voto, ma solo delle considerazioni di carattere generale. In Wisconsin fino a venerdì 25 ottobre avevano votato 826.249 persone, di cui 440.223 via posta e 386.026 di persona ai seggi. Questo corrisponde a circa 1/4 rispetto ai 3.3 milioni di votanti complessivi del 2020.
Al momento hanno raggiunto una buona mobilitazione la contea fortemente democratica di Dane (27.4% dell’affluenza totale del 2020) e la contea fortemente repubblicana di Waukesha (28.5% del 2020), mentre risulta esserci un problema nella città di Milwaukee, ferma al 16.7% del 2020. Milwaukee è una città al 40% nera che ha avuto una affluenza monstre dell’87% nel 2012 con Obama. Il dato di quest’anno conferma una possibile carenza nell’entusiasmo degli afroamericani già segnalata in altri stati. Diversa la situazione in Michigan, dove fino a venerdì avevano votato 1.476.798 elettori, il 26.6% rispetto ai 5.5 milioni di votanti alle elezioni presidenziali 2020.
Le principali città sono in linea o sopra rispetto al dato statale: Macomb è al 25.7% del totale 2020, Dearborn (a maggioranza islamica) al 26.5%, Oakland al 28% e Detroit (al 77% afroamericana) a un notevole 31.2%. La città di Detroit ha iniziato però il l’Early Voting In Person sabato 19 ottobre, mentre il resto dello stato ha iniziato sabato 26 ottobre. Il voto anticipato in presenza ai seggi è una novità di quest’anno, dopo un emendamento costituzionale approvato dagli elettori nel 2022.
L’Early Voting negli stati swing monitorati, in definitiva, ci dipinge un quadro piuttosto omogeneo e coerente. I repubblicani al momento stanno votando in linea rispetto al 2020, anno in cui c’era stata l’esplosione del voto postale per via del Covid. Le contee rurali e gli elettori bianchi, bacini elettorali del GOP, paiono mobilitate maggiormente rispetto alle grandi città e agli elettori delle minoranze, bacini dei democratici.
I democratici al momento lasciano per strada parecchi elettori rispetto allo stesso periodo del 2020, e ciò non necessariamente può essere dovuto a un drastico cambiamento nella modalità di voto. La tendenza attuale sembra essere quella di un minor entusiasmo al voto da parte dei settori chiave per i democratici. Anche spostando una parte di voto all’Election Day, il rischio di perdere un numero considerevole di elettori registrati votanti rispetto al 2020 è elevato.
Sebbene i segnali non troppo incoraggianti per i democratici, manca ancora una settimana piena di voto anticipato in presenza in tutti gli stati, oltre ad almeno 10 giorni di voto postale, oltre all’Election Day. Questo può ancora cambiare la partita, oltre al fattore degli elettori indipendenti: essendo in numero elevato e crescente rispetto al passato in quasi tutti gli stati analizzati, il loro voto sarà sempre più decisivo per decretare il vincitore. L’affluenza è importante, ma non più della capacità persuasiva verso quella parte più indecisa e volubile dell’elettorato.
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