Come cambierà l'agenda Dem con Kamala Harris?
Nel nostro approfondimento settimanale analizziamo il programma di Kamala Harris, la sua prima settimana di campagna elettorale e la visita di Netanyahu negli Stati Uniti
Come cambierà l'agenda politica dei Democratici
La giornata di domenica scorsa potrebbe essere ricordata come una di quelle con il maggior impatto sulla storia recente della politica americana. Il ritiro di Joe Biden, con la scelta dei Democratici di puntare su Kamala Harris (delle vicende politiche avvenute in settimana parleremo appunto nel paragrafo successivo), hanno stravolto una campagna elettorale in cui Donald Trump sembrava l'assoluto favorito. Si tratta di una svolta che potrebbe avere conseguenze anche dal punto di vista politico: il cambio di candidato non avrà certo un impatto enorme sulla piattaforma del partito in vista delle elezioni, ma fra Biden e Kamala Harris ci sono comunque alcune differenze di sensibilità su alcuni temi che potrebbero contare nella scelta degli elettori.
Kamala Harris, ad esempio, ha maggiore forza politica nel parlare del tema aborto. Sia lei che Biden hanno condannato la decisione della Corte Suprema con cui è stata superata Roe vs. Wade (la sentenza che garantiva l'accesso all'interruzione di gravidanza), ma le loro proposte differiscono significativamente. Il presidente in carica, infatti, si è concentrato sulla possibilità di restaurare tale diritto attraverso la legislazione federale. Le proposte di Harris, invece, erano sicuramente più avanzate e puntavano ad andare oltre la stessa sentenza precedente, implementando un sistema di pre-approvazione da parte del Dipartimento di Giustizia per qualsiasi legge statale che tenti di restringere l'accesso all'aborto, garantendo così una protezione federale più robusta contro le restrizioni locali.
Sul tema del cambiamento climatico, invece, la politica di Biden si è incentrata sull'obiettivo di raggiungere emissioni nette zero entro il 2050, creando posti di lavoro nel settore dell'energia pulita, dell'infrastruttura e della manifattura. Il presidente, tuttavia, ha mantenuto una posizione ambigua sul fracking (una tecnica estrattiva di petrolio e gas naturali, operazione consistente nel provocare la formazione di fratture nelle pareti di pozzi), non prendendo misure per vietarla. Harris ha mostrato una maggiore apertura a soluzioni più aggressive, come l'eliminazione del filibuster per l'azione climatica e il sostegno al Green New Deal, dimostrando una volontà di implementare cambiamenti strutturali più profondi.
Harris è stata inoltre una delle prime sostenitrici della cancellazione del debito studentesco. Durante la sua campagna presidenziale del 2019, aveva proposto un piano che offriva la possibilità di sgravare da tale onere i beneficiari di borse di studio Pell che avessero avviato imprese. Questo piano era stato criticato per la sua complessità e per essere meno ambizioso rispetto a quelli di altri progressisti come Bernie Sanders ed Elizabeth Warren. Biden, invece, inizialmente aveva sempre espresso dubbi sulla cancellazione del debito attraverso azioni esecutive, firmando infine un piano per eliminare fino a 10.000 dollari di debito per milioni di persone, che è stato poi annullato dalla Corte Suprema.
L'aspetto di maggior differenza, però, è probabilmente la politica estera e, nello specifico, il tema particolarmente caldo della gestione del conflitto tra Israele e Palestina. Biden ha sempre mantenuto l'assistenza militare al paese guidato da Netanyahu, causando disappunto tra gli attivisti progressisti. Harris potrebbe adottare un approccio più critico nei confronti delle azioni israeliane, data la sua maggiore sensibilità alle critiche su questi temi. La mancata presenza al discorso dello stesso Netanyahu al Congresso, del resto, è un segno chiaro di un possibile cambio di passo dell'amministrazione.
Kamala Harris. La prima settimana di campagna elettorale
La settimana successiva al ritiro di Joe Biden è stata quella in cui i Democratici si sono coalizzati dietro Kamala Harris. I principali leader, i potenziali rivali per la nomina, le delegazioni statali alla convenzione, i sindacati, i gruppi di attivisti e i finanziatori hanno immediatamente espresso il loro sostegno verso quella che è ormai la candidata in pectore del Partito. Kamala Harris, intatti, si è già assicurata l'appoggio dei delegati della Convention necessari per garantirsi la corsa verso la Casa Bianca e sarà ufficialmente nominata in una votazione che si terrà entro il 7 agosto.
In settimana è arrivato anche l’endorsement di Barack Obama, al termine di alcuni giorni in cui si erano rincorse voci su possibili malumori verso la candidata. Anche tutti gli altri potenziali sfidanti, come il Segretario dei Trasporti Pete Buttigieg e i Governatori Gavin Newsom, Gretchen Whitmer, Wes Moore, Josh Shapiro, Roy Cooper, JB Pritzker e Andy Beshear, si sono spesi a suo favore.
Questa incoronazione collettiva, come sottolinea il New York Times, è stata anche frutto del modo energico in cui la stessa candidata si è mossa nelle ore immediatamente successive al ritiro di Biden. Harris, con l’aiuto del suo team, ha iniziato a chiamare i princi sepali esponenti democratici per assicurarsi il loro supporto. Ha contattato inoltre gli ex presidenti, potenziali rivali e leader del Congresso, facendo oltre 100 chiamate in 10 ore. Contemporaneamente, il suo staff ha lavorato per assicurarsi i delegati necessari per la nomination.
Tale scelta, anche per i modi nei quali è maturata e per l'energia mostrata dalla candidata, ha rianimato l'entusiasmo della base, che appariva spenta in virtù delle preoccupazioni verso Joe Biden. Nelle 24 ore successive all'annuncio, sono stati raccolti oltre 100 milioni di dollari sulla piattaforma ActBlue, organizzazione che riceve le donazioni di singoli cittadini e le convoglia verso il Partito Democratico. Politico, inoltre, riferisce che il più grande super PAC pro-Biden, Future Forward, ha ricevuto oltre 150 milioni di dollari. Voto Latino altri 44 milioni, mentre secondo Deadline diversi donatori di Hollywood sono pronti a tornare a sostenere i Dem dopo aver sospeso i finanziamenti.
Al momento, in ogni caso, Donald Trump sta dominando l'arena pubblicitaria. Secondo un'analisi dell'Associated Press, Trump ha investito 68 milioni di dollari su televisori e radio, contro i 2,6 milioni di Harris. Inoltre, il super PAC pro-Trump, MAGA Inc., sta lanciando nuovi spot contro la sua sfidante, con un budget di 12 milioni di dollari, concentrandosi su stati chiave come Pennsylvania, Georgia, Nevada e Arizona. Il team di Harris ha lanciato invece il primo video della campagna, intitolato "We Choose Freedom". Questo spot mette in risalto la base diversificata dei Democratici e pone una domanda fondamentale: "Che tipo di paese vogliamo vivere?". Invece di focalizzarsi sulla democrazia, il video enfatizza il concetto di libertà, una mossa strategica che molti analisti politici ritengono possa avere un impatto più forte rispetto alle critiche precedenti su Trump per aver sovvertito la democrazia.
I possibili vice-presidenti di Kamala Harris
Una delle scelte più importanti che la candidata del Partiti Democratico dovrà compiere a stretto giro è quella di individuare il nome di colui che la affiancherà come vice nel ticket presidenziale. Fra i maggiori papabili troviamo Mark Kelly, senatore dell’Arizona: a suo favore gioca un curriculum degno di nota, la sua contrarietà alle armi e la capacità di aver vinto tante battaglie elettorali in uno Stato così conteso. Da sottolineare la sua posizione sull’immigrazione, leggermente distaccata dai colleghi e più rigida: questo potrebbe aiutare rispetto agli altri colleghi, soprattutto nel suo stato d'origine, dove il tema è particolarmente sentito.
Come sottolinea The Hill, proprio in queste ore Kelly sta prendendo quota. Coloro che elaborano le strategie del Partito Democratico, del resto, sottolineano come lui abbia ottenuto un risultato migliore di Biden nel 2020 e della governatrice eletta nel suo stato nel 2022, dimostrando una buona capacità di saper attirare voti. Le principali perplessità riguardano il fatto che una scelta in tal senso porterebbe a dover eleggere un nuovo senatore nel 2026, mettendo a rischio un seggio che altrimenti sarebbe sicuro fino al 2028.
Un’alternativa è quella che porta a Josh Shapiro, governatore della Pennsylvania molto apprezzato nel suo stato. I limiti sono relativi principalmente ad alcune posizioni leggermente in contrasto con i vertici del partito, in particolare modo sulla guerra nella striscia di Gaza (anche in virtù del suo essere ebreo). Molto chiacchierato anche Andy Beshear, governatore del Kentucky, il più popolare del paese, che si è fatto apprezzare quando ha dovuto gestire un paio di crisi ambientali, però è poco conosciuto a livello nazionale e il suo Stato non è in bilico.
Roy Cooper, governatore del North Carolina, stuzzica la fantasia della Harris, che sembra interessata a contendere lo Stato ai repubblicani. Gli altri quattro candidati, con poche possibilità, sono: Pete Buttigieg, JB Pritzker, Gretchen Whitmer, Tim Walz.
La visita di Netanyahu negli Stati Uniti
Il discorso del Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu davanti a una sessione congiunta del Congresso ha acceso notevolmente il dibattito politico americano. Decine di migliaia di manifestanti si sono radunati nelle strade intorno al Campidoglio, dando vita a proteste che hanno richiesto l'intervento massiccio della polizia. Numerosi arresti sono stati effettuati, inclusi alcuni all'interno della galleria della Camera. Le tensioni sono esplose alla Union Station, dove la polizia si è scontrata con la gente che protestava: una bandiera americana è stata bruciata mentre quelle palestinesi sono state issate sui pennoni.
L'Hotel Watergate, dove Netanyahu soggiornava, ha dovuto essere sanificato dopo che i manifestanti hanno rilasciato vermi e larve all'interno della struttura. La presenza di Netanyahu al Congresso, inoltre, ha visto il boicottaggio da parte di molti Democratici e di alcuni Repubblicani. La deputata Rashida Tlaib (D-Mich.), di origine palestinese, ha assistito al discorso esibendo un cartello con la scritta "War Criminal". La reazione dei Repubblicani è stata furiosa, con il senatore Thom Tillis (R-N.C.) che ha definito Tlaib "un'assoluta disgrazia".
La Vicepresidente Kamala Harris, in viaggio, non ha partecipato, ma lei e il Presidente Biden hanno poi incontrato il presidente israeliano in forma privata. Alcuni legislatori che hanno boicottato il discorso, inclusa la rappresentante Nancy Pelosi (D-Calif.), stanno incontrando le famiglie degli ostaggi trattenuti da Hamas. Anche il discorso di Netanyahu, inoltre, ha provocato diverse discussioni: è stata infatti delineata una visione per Gaza nel "giorno dopo" la sconfitta di Hamas, proponendo che il territorio sia guidato da un'amministrazione civile palestinese in un'area "demilitarizzata e deradicalizzata".
"Stiamo conducendo sforzi intensi per garantire il rilascio degli ostaggi. Sono fiducioso che possano avere successo. Alcuni di questi sforzi sono in corso proprio ora. Voglio ringraziare il Presidente Biden per i suoi instancabili sforzi”, ha dichiarato inoltre Netanyahu, che ha ringraziato Trump per il riconoscimento di Gerusalemme come capitale di Israele e per la firma degli Accordi di Abramo, che hanno stabilito relazioni tra Israele, Emirati Arabi Uniti e Bahrein.
Le altre notizie della settimana
Il governatore della California, Gavin Newsom, ha emesso un ordine esecutivo per rimuovere gli accampamenti di senzatetto su terreni statali, in una mossa politica che segue una recente sentenza della Corte Suprema, che consente alle città di vietare il dormire all’aperto negli spazi pubblici.
L'ordine esecutivo mira a gestire gli accampamenti pericolosi e ad offrire supporto agli individui senza fissa dimora. Questa mossa ha raccolto consensi tra i funzionari locali e i gruppi imprenditoriali, nonostante le critiche di alcuni sostenitori dei senzatetto che ritengono siano necessarie soluzioni abitative piuttosto che sgomberi.
La Camera dei Rappresentanti ha approvato all'unanimità una risoluzione per creare una task force di 13 membri per indagare sul tentato assassinio dell'ex presidente Donald Trump. Si tratta di uno dei rari casi in cui tutti i membri di un ramo del Congresso hanno votato in maniera compatta, con nessun contrario.
Donald Trump sembra aver già abbandonato i suoi propositi di portare avanti una campagna elettorale nel segno dell'unità nazionale, come sembrava aver accennato subito dopo l'attentato subito. Durante un comizio in Minnesota, l'ex presidente ha infatti intensificato i suoi attacchi contro la vicepresidente Kamala Harris, definendola "malvagia" e "radicale" e criticando le sue posizioni sulla sicurezza pubblica e la riforma della giustizia criminale.
Trump ha ribadito il suo supporto per le forze dell'ordine, promettendo di "sovrafinanziare" la polizia, e ha ripreso i temi chiave della sua campagna: politiche commerciali protezionistiche, immigrazione e accuse infondate di frode elettorale nel 2020.
Il candidato vicepresidente repubblicano, il senatore JD Vance, è stato criticato per aver definito gli Stati Uniti un paese governato da“gattare senza figli,” riferendosi soprattutto alla vice-presidente Kamala Harris. Rispondendo alle varie critiche che gli sono piovute addosso, Vance ha affermato che con tale frase voleva semplicemente ribadire quanto i Democratici fossero contrari ai valori della famiglia.
“Non si tratta di criticare le persone che, per varie ragioni, non hanno avuto figli”, ha detto Vance a Megyn Kelly nel suo programma radiofonico SiriusXM, “The Megyn Kelly Show”. “Si tratta di criticare il Partito Democratico per essere diventato anti-famiglia e anti-bambini. Questo è ciò che penso rappresenti il Partito Repubblicano. Siamo il partito dei genitori con figli e vogliamo lottare affinché genitori e figli abbiano una buona vita”.